giovedì 24 dicembre 2020

Buon complenno "siamotutteperfette,forse"

 

Un anno di “siamotutteperfetteforse”

 

Ero seduta ad ascoltare lezioni, a tratti noiose, all’ università; un lieve e sommesso brusio proveniva dai banchi dove altri colleghi erano impegnati in altre attività, io mi guardavo intorno alternando lo sguardo all’esterno dell’aula. Intanto la pioggia timida ma incessante, rendeva tutto piacevolmente nostalgico. Fu così che diedi ascolto ad una necessità, soffocata dagli impegni che occupano le mie giornate; solo un lungo e forzato stato di inattività fisica mi ha indotto ad ascoltare, la parte più vera di me.

Sentivo la voglia di condividere parole, pensieri ed emozioni con la scrittura. 

Sebbene siano decollati solo con il confronto con le altre colleghe. 

Giunsi, così, alla conclusione che ci accomunano le stesse dinamiche e a volte anche le nostre complicate relazioni.

E’ successo in questo modo che ho aperto il pc, ho creato la pagina del blog.

Senza pensare ho dato un nome alla pagina.

Esclamai: “lo chiamerò così,“siamotutteperfette,forse”.

In mente avevo ben chiaro a chi avrei rivolto i miei scritti; così ho iniziato con poche battute  il mio primo post, su Jasmine Cristallo. Poi ho dato seguito ad un flusso di pensieri che  hanno riempito settimana dopo settimana il mio semplice e timido blog. 

L’iniziale frenesia di guardare quante persone accedevano alla pagina e quanti leggevano ciò che scrivevo ha lasciato il posto ad una visione più matura della scrittura, facendo penetrare in me più insicurezze e la consapevolezza che non c’era nulla di tecnico nei miei post. La paura di essere banale ha creato un blocco, lo stesso indotto dal Corona virus alle nostre vite e quotidianità.

Il mio tuttavia lo assecondo volentieri, quello virale lo allontano sempre più.

Credo che ci sia un tempo per ogni cosa. 

Adesso è tempo di studiare, solo conoscendo la regola la si può rompere per lasciare spazio alla creatività, guidando i pensieri, arricchendo i contenuti e attirare chi legge.

 Pertanto questo vulnus è dovuto ad un periodo di studio per far crescere questa mia piccola creatura. Per il 2021 ho in mente delle novità e dunque faccio gli auguri a “Siamotutteperfette,forse”, le auguro di crescere, di viaggiare, di raggiungere posti nuovi e sconosciuti, di arrivare alle donne, che ritengo essere perfette (forse) nella loro fragilità, complicata emotività, spassionate e vere.

 

venerdì 9 ottobre 2020

La prima volta

 

Camminavo per strada carica di borse, il computer, la borsa portatutto, la busta del pane e guardandomi intorno pensavo a quante cose facciamo per la prima volta quotidianamente e non ce ne rendiamo conto, sembra tutto così abitudinario.

Da alcuni anni vivo nello stesso quartiere ma non ero entrata mai nella panetteria vicino l’orologiaio.Si, esistono ancora gli orologiai. 

Eppure diverse volte avevo letto l’insegna ma non ero mai entrata, per abitudine compro il pane al supermercato. Per la prima volta, sono entrata nel negozio e un profumo di farina di semola, semi di finocchio e di taralli ha invaso le mie narici, sentendoli nella pancia.

Ho pensato immediatamente ad un pranzo gargantuesco su una tavola apparecchiata di tutto punto, tovaglia bianca di lino, piatti colorati e pane, taralli, uova, uva e formaggi sudati, vino e acqua a volontà.

Ho salutato la signora al banco, in camice bianco e cappellino a barchetta, le ho chiesto del pane indicandolo con il dito. Avevo scelto un pane tondo con due tagli sulla crosta. Voltando lo sguardo a destra ho visto dei taralli dolci, li ho comprati, ho pagato il conto e sono uscita. Mi sono chiesta, quante prime volte ci sono nella mia vita apparentemente abitudinaria e nella vita delle altre persone che non cogliamo; dove orientiamo il nostro sguardo ogni giorno?

E’ inevitabile la cascata di pensieri sulle prime volte, ricordi sempre pescati dal passato mai nel momento stesso in cui accadono. La prima volta è quando nasci, come la prima goccia di una sorgente, il primo vagito. Il primo sguardo della madre forza generatrice indelebile, da lì un susseguirsi di prime volte; la cui importanza si coglie solo dopo averle vissute.

Il primo giorno di scuola, la prima lettura, ricordo il senso di libertà nel leggere le insegne per strada. Che bella soddisfazione. Per ogni prima volta vi è un’intensità diversa, dipende dall’investimento e il desiderio con cui l’attendiamo.

 La prima volta, per antonomasia, quella a cui avete pensato tutti leggendo il titolo del post, è la prima volta dell’amore.

Quello dell’anima, quando ci siamo innamorati.

 Quello fisico, quando lo abbiamo fatto per la prima volta. Indelebile per molti noi, il cuore in gola, la luce negli occhi, un mondo a colori. 

Tuttavia per altri è un ricordo da cancellare. Ma esistono infinite prime volte, seppur semplici, apparentemente insignificanti che indicano le novità della nostra normalità.

Nessun giorno è uguale all’altro se riusciamo a osservare le nostre quotidiane prime volte.

Vorrei una vita al rallentatore, per poter cogliere sul momento i continui cambiamenti che essa ci regala, a partire dai nuovi sguardi di chi ci viene incontro, alle fragranze di nuovi odori, all’ intensità di nuovi incontri, allo stupore di nuovi colori, al significato di parole nuove e alla meraviglia di nuove ed infine emozioni.


giovedì 10 settembre 2020

L' attesa

E’ l’alba, attendo il sole che come ogni mattina fa capolino dal mare.
 Aspetto la sua luce per vedere meglio i pensieri, distinguerli e selezionarli.
 Attendo che faccia giorno e ricominciare, riprendere ogni progetto abbandonato la sera precedente. Attendo che il caffè sia pronto e che magari qualcuno lo versi per me nella tazza. Ogni cosa che guardo e desidero merita un’attesa, è la vita stessa l’attesa. 
Attendiamo di nascere, di crescere e credo che ad un certo punto si attenda anche la morte. A questa fase della mia vita voglio dare un nome proprio, la chiamo “attesa”.
Vivo nell’oscillazione dell’attendere e desiderare. 
Non vi è attesa senza desiderio. 
Credo che sia un sentire comune quello di desiderare che accadano eventi belli per noi e li attendiamo mentre portiamo avanti i fardelli quotidiani.
Ci impegniamo, ci scoraggiamo, piangiamo, ci arrabbiamo ma sempre in attesa che qualcosa venga a noi.
Quanti genitori desiderano vedere i figli crescere e vivono di questa attesa, c’è chi attende la nascita di un figlio e chi attende un figlio, che tarda ad arrivare. 
In questo preciso istante di una mattina di settembre, molti insegnanti attendono le proprie nomine per l’anno scolastico, gli studenti attendono l’inizio della scuola. 
Chi è in un reparto d’ospedale in attesa di un referto che non vorrebbe mai ricevere, chi attende una telefonata che forse non arriverà mai e chi invece attende il coraggio di farla. Non mi stupisce che ci siano migliaia di persone che attendono il divino o la nuova vita in terra, chi attende l’amore e chi attende che esso si realizzi o si manifesti, chi attende di partire e chi invece attende di restare. L’indugiare della vita non riguarda solo gli umani ma gli esseri viventi in generale.Basta osservare Madre Natura e le sue espressioni per capire quanto sia preziosa l’attesa. Viviamo il temporale in attesa del sole, osserviamo il seme in attesa del fiore, la sorgente in attesa dell’acqua, il tramonto in attesa della notte, contempliamo l’inverno in attesa della primavera.
 In natura tutto avviene quando deve avvenire, non prima e né dopo, esiste un momento preciso perché si materializzino i desideri che creano delle armonie perfette anche nelle loro imperfezioni, purtroppo alla nostra coscienza non è consentito comprenderne immediatamente il senso e i tempi, ma ogni cosa che ci circonda e che fa parte delle nostre vite li ha, basta attendere per coglierli.

…continuo a desiderare ciò che ancora devo attendere…

lunedì 24 agosto 2020

La legge dell’attrazione o semplice fortuna?

La mia tazza gialla, latte di soia con il caffè e i miei biscotti integrali, il ringraziamento al Sole per l’abbondanza d’amore e di luce che mi regala ogni giorno. Inizio così le mie mattine, tutte le mattine. Ciò non significa che la mia vita sia priva di buio, anzi, le tenebre fanno parte delle mie esperienze e del mio intimo sentire, dei miei pensieri a fine giornata. Tuttavia la notte scende allo stesso modo in cui il sole sorge. Dipende da dove volgiamo lo sguardo. Preferisco guardare lì, dove le mie emozioni trovano conforto, energia, speranza per poterli trasformare in amore per le cose che faccio. Vi assicuro che funziona. Certamente avrete sentito parlare della legge dell’attrazione, principio secondo il quale noi attraiamo gli eventi, le persone, gli affetti e che cambiano la nostra vita il nostro destino. Un destino già determinato, da ciascuno di noi. Esso è costruito già nei nostri pensieri consapevoli e inconsapevoli. E’ dalla nostra volontà e dal nostro atteggiamento che dipenderà il nostro successo ed insuccesso. Quante volte ho sentito le zie, quelle con i baffi che pungono quando ti baciano; quelle per intenderci, che ti dicono: “ è ra fortuna”. Come se tutto dipendesse dalla fortuna o dal caso. Non posso e non voglio pensare che l’anziana zia possa avere ragione rispetto al celebre scienziato Albert Einstein, il quale spiegò tale legge con un principio fisico: “ Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che vuoi e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà”. Questo principio rimanda necessariamente al concetto di risonanza e vibrazione. La risonanza altro non è che amplificazione delle nostre vibrazioni.Allora se adesso mi focalizzo su qualcosa certamente lo otterrò, penserete? E no! La Legge dell’Attrazione non ha niente a che vedere con il controllo o l’attaccamento o di come quell’ oggetto o un amore giungeranno a te.  E’ necessario essere onesti con se stessi, stare vigili e lasciare andare le cose e gli eventi senza fare resistenza. E’ capitato a tutti di desiderare un amore, un nuovo lavoro, una nuova situazione ma non è avvenuto pur desiderandolo. Ciò avviene perché si è sintonizzati, proprio come una radio, su altre vibrazioni precedenti, su ciò che non si vuole lasciar andare, sugli stati d’animo persistenti, che soddisfano le proprie credenze di base, le paure. Ogni pensiero negativo e reticenza non consente risonanza, ovvero se le parole o le azioni non corrispondono ai  pensieri o ai reali sentimenti allora vi sarà dissonanza. Per qualsiasi cambiamento è fondamentale l’accettazione della situazione attuale. Se si accetta e si ringrazia per quello che ha, cercando di vedere il bello e non solo gli aspetti negativi, non fuggendo da situazioni stressanti, sarà allora che ci sintonizzeremo su altre vibrazioni in linea con le nostre emozioni. Personalmente ho fatto esperienza di ciò che ho scritto, pertanto ne sono convinta e lo ero ancor prima di conoscere i dettagli di tale principio. Vi rimando ad approfondire l’argomento che è davvero illuminante per ciascuno di noi. In questa unica possibilità di vita che abbiamo, l’importante è stare svegli e sognare.

venerdì 14 agosto 2020

Fratellanza

Le regole che orientano il nostro modus vivendi nelle società di ieri e di oggi, sono principalmente fondate sui principi delle religioni che l’uomo su ispirazione divina ha assimilato e diffuso in saecula saeculorum. Incuriosita da questo principio regolatore, ho fatto una breve e rapida ricerca sulle principali confessioni religiose e ho scoperto che almeno due miliardi di esseri umani professano la religione cattolica. Un miliardo e mezzo almeno, professano la religione islamica. Al terzo posto del podio, troviamo l’induismo con circa un miliardo di fedeli. A seguire troviamo la religione tradizionale cinese, il Buddismo e religioni tradizionali etniche, africane.

Un mondo d’amore e fratellanza verrebbe da pensare ad un alieno che si imbatte nella lettura del mio post; certo, cosa impossibile, è un’assurdità, a pochi verrebbe in mente di leggermi.

Ma è la stessa assurdità con la quale leggo e non credo di essere l’unica, notizie anti-fratellanza.

Uomini contro uomini. Gente che cerca un capro espiatorio per avere un colpevole a tutti i costi. Navi cariche di esseri umani che scappano da altri fratelli per essere poi rifiutati dagli altri, quelli emigrati prima, nei secoli precedenti.

Dunque, per rendere comprensibile il concetto, lo riporto in un esempio di vita quotidiana.

Una famiglia, una coppia innamorata, un padre ed una madre qualsiasi generano delle creature; innocenti, bellissime, piene di vita e li educano secondo i propri valori per lo più religiosi, a loro volta assimilati dai loro genitori. I fratellini crescendo, cominciano a mal sopportarsi, litigano, e i genitori inermi li osservano, credendo di aver seminato bene, valori solidi, fratellanza. Invece assistono a guerre per incomprensioni, differenze, divergenze, interessi. Pertanto su scala mondiale avviene la stessa cosa. Un Padre e dei figli. Valori infusi e diffusi. Speranze attese e disattese. Il rammarico di un genitore che si chiede quando, come e perché ha fallito nella sua missione. Allora a cosa serve la religione, i dogmi e le dottrine? Ah! Ci sono, forse per alzare gli occhi al cielo nei momenti di disperazione, sperando che lo stesso padre che ti ha indicato la strada la percorra al posto tuo, salvandoti.


giovedì 23 luglio 2020

Ho tradito un' amica

 

E poi fai la cazzata, quella di cui ti penti. Con una decisione inaspettata e di pancia, ferisci una delle persone a te più care. L’amica con cui hai condiviso i momenti più belli e quelli meno belli degli ultimi quindici anni. Ora mi guardo allo specchio e non ho il coraggio di mettermi nei suoi panni, penso al suo stato d’animo a come può sentirsi sapendo che ho tradito la sua fiducia. Probabilmente avrà anche compreso la scelta e la situazione che mi hanno portato a commettere uno degli errori più superficiali della mia vita ma non avrà certamente compreso il perché io non abbia pensato principalmente alla nostra amicizia.

Sebbene la curiosità di chi legge sia quella di sapere cosa io abbia fatto, credo non sia importante saperlo. Ognuno di noi ha una storia come questa da raccontare, la storia di due amici che inficiano e tante volte interrompono un’amicizia, per il tradimento di uno dei due.

Mi chiedo se ne valga veramente la pena investire in un rapporto amicale per anni e poi lasciarlo andare, per motivi riconducibili per lo più ad interessi personali.

Chiamiamoli egoismi, opportunità, convenienze.

A differenza dell’amore, l’amicizia porta con sé l’affetto fraterno. Quante volte tra amici ci si chiama “fratello mio” o “sorella mia”, parole che portano dietro ricordi costruiti attraverso gli anni più belli della nostra vita. Quanti momenti condivisi, lacrime asciugate con lo stesso fazzoletto e risate da contenere, segreti inconfessabili alle orecchie di altri ed incomprensioni appianate davanti ad un caffè.

Ma il tradimento non lo appiani, ti resta dentro, ti perseguita e non è più lo stesso.

Un nuovo sguardo segnerà la via da percorrere e condizionerà la scelta dei prossimi passi. Così, cominci a non crederci più, ad impietrire il cuore custodendo quella parte ingenua di te. Dopo qualche tempo cominci a credere che la vera amicizia non esiste.

Invece c’è, esiste, come esiste l’amore, la pace, la fratellanza, la solidarietà valori da anteporre ai nostri beceri e inconsistenti interessi.

Pertanto, una volta commesso il torto, si può pensare, con il tempo, di intraprendere l’unica via percorribile, quella della riconciliazione.

Considerandola una tappa irrinunciabile per il perdono di sé e l’accettazione dei propri errori, limiti dell’essere umano. Considerandola altresì come l’anticamera del perdono.

 

 


mercoledì 22 luglio 2020

Le mamme M.M.


Durante un pomeriggio al mare con delle mamme amiche, si è manifestata la nostra intolleranza nei confronti dei nostri adorati figli.

Ci siamo guardate con un iniziale senso di colpa che è scomparso, annullato dalle risate perché eravamo accomunate da alcune espressioni e modi di fare che ci hanno fatto esclamare: “che mamme di merda!”.

Ma quante mamme sono accompagnate da queste sensazioni ma con il senso di colpa?

Tante.  Eccetto le mamme M.M. (vedi sopra!)

Loro sanno che non tolgono nulla ai propri figli, hanno la consapevolezza di dare tanto ai loro pargoli, ma allo stesso tempo sono altro rispetto al loro ruolo di madri.

In fondo anche le nostre mamme ora settantenni volevano che ci levassimo dai piedi, io ricordo espressioni del tipo: “tinn’a jiri, levati dinnanzi all’occhji mia” e molte volte la loro intolleranza veniva fuori in espressioni come: “ se cadi, ti do il resto”, “mo ti’ ccid”, “ vai a giocare” “abbanne chi t’ha muertu”, “ levati annanzi i pieri” e personalmente ricordo anche diversi man rovesci quando mi intromettevo nei discorsi dei grandi, un’intromissione a gamba tesa nella vita di mia madre.

 Erano manifestazioni forti che non giustificavano l’uso di queste espressioni per azioni del tutto infantili.

Non è vero che la mamma è l’angelo del focolare. 

Questa immagine sessista è stata utilizzata per formare la donna come una perfetta casalinga e mantello domestico capace avvolgere l’intera famigliola.

Non lo è mai stato, la donna ha sempre sofferto per questo tatuaggio.

Le mamme sono anche altro, sono donne, lavoratrici, mogli, amiche, amanti, persone. Molto spesso si avverte un’intolleranza nei confronti di questo ruolo che accomuna molte madri.

 A quante donne capita di desiderare di abbandonare tutto e tutti e scappare su un’isola, coperta dalla sabbia calda e ripulita dall’acqua cristallina, un mojito e sesso a fine serata. Quell’augurio che quasi quasi riproponi come desiderio prima di spegnere le candeline del tuo compleanno, è che qualche parente ti dica: “possiamo prendere i bambini per una settimana?”.

 Pensiamo al momento in cui inaspettatamente resti sola in casa, perché a qualcuno è venuto in mente di portarli fuori, la tua mente comincia ad elaborare cosa fare, poi però ti ritrovi sul divano con il telecomando in mano e l’occhio vitreo.

La tranquillità, la quiete in casa, senza sentire: “ho fame”, “ho sete” e quella richiesta che tra tutte ti fa  sentire la sensazione di una coltellata nel petto quando tua figlia di due anni e mezzo ti chiede: “giochi con me?” e tu l’accontenti, ma dentro di te hai l’onestà di dire: “ma perché cazzo non giochi con quei giochi che ti ho comprato!” oppure “ti ho fatto un fratello apposta, giocate insieme!”.

Anche in questo momento, mentre scrivo un semplice articolo i miei figli litigano tra di loro e più volte hanno urtato il mio pc, la mia espressione è impassibile e arresa alle loro voci fragorose, la mia mente è protetta da una pellicola che difende i miei nervi.

Li guardo. Li adoro.


sabato 4 luglio 2020

La parte di te che non conosco

Vorrei essere un odore dei tuoi ricordi

l’odore della terra bagnata d’estate,

un alito di vento che ti passa accanto.

Vorrei essere il tuo sguardo che coglie

l’immagine di casa mentre rientri,

vorrei sentire attraverso la tua pelle

il piacere di una carezza,

 la morbidezza delle labbra sul collo e

 il brivido che ti percorre la schiena

quando io ti stringo tra i miei seni.

 


mercoledì 17 giugno 2020

Il ritorno alla normalità dopo il Virus

 

Durante il lockdown presi dalla necessità di attribuire un senso a quello che stava succedendo, increduli davanti alle disposizioni del governo, cercavamo tutti, di guardare oltre l’attribuzione di colpe per il diffondersi del virus.

Bellissimi i post sul senso della vita, della famiglia e dei rapporti sociali.

Ad un certo punto abbiamo anche creduto di poter cambiare sguardo e di ritornare a vecchi valori, ad un uso più regolato della parola e dei pensieri.

Persino un approccio filantropico a beneficio della nostra esistenza interiore.

Credo, invece, che non sia avvenuto nulla di tutto ciò, che sia fattuale. 

Lo abbiamo certamente creduto. Ma sembra quasi come il proponimento del mettersi a dieta il lunedi.

Ci sono le buone intenzioni, l’esigenza di cambiare qualcosa, ma quando arriva il primo giorno della settimana che è triste come i dolci senza zucchero, posponi l’obiettivo.

Ad oggi ci ritroviamo nella fase tre, la nostra vita è ripresa regolarmente, fatta eccezione per la Lombardia che ancora patisce la presenza del virus, ci auguriamo che presto possa liberarsene. Dando uno sguardo ai social, i post sono cambiati e anche i buoni propositi.

Soumahoro si incatena davanti Villa Pamphili in difesa dei braccianti agricoli, c’è chi mangia le ciliegie non curante del bon ton istituzionale, chi uccide un afro perchè nero, chi chiude un ospedale a Kabul a causa del terrore,  ci sono anche quelli che continuano a morire nel mediterraneo, addirittura che si suicida perché ha alzato una bandiera a favore delle comunità LGBT.

Ci sono tante questioni aperte che non vogliamo vedere. Tuttavia, la parola d’ordine è di tornare alla normalità, ovvero continuare a svolgere le nostre attività quotidiane, chiedendo il nostro pane quotidiano ma senza rimettere i nostri debiti ai nostri debitori. Amen.


venerdì 22 maggio 2020

La donna wonder woman


In questi giorni di lockdown forzati dal virus regale, si parla molto del ruolo, spesso scontato e allo stesso tempo esaltato della donna. Io da tempo rifletto sulla donna wonder woman che non è certo la Diana Prince degli anni ’80, ma una donna comune, tuttavia diversa dalle altre, per spessore, intelligenza ma con la sindrome della donna perfetta.

 L’uomo che sposa la donna wonder woman è un uomo certamente fortunato, convinto che le virtù dell’amata eroina siano equiparabili a quelle di un maestro di Reiki; l’energia di base scorre attraverso le sue mani!

Chi è la donna w.w.? Guardatevi intorno ne conoscerete sicuramente qualcuna.

Lei è semplice, curata ma non artefatta. Mantiene la calma nelle situazioni di stress anche se nel suo spazio, da lei circoscritto, scarica le tensioni accumulate nel tempo.

Un vulcano, impossibile non notarla, di solito w.w. è solare, positiva orientata alla soluzione dei problemi, certamente non li crea. Amorevole e risolutiva.

Nell’aspetto presenta precise caratteristiche, è eccessiva in qualche tratto del corpo, chiamiamole caratteristiche.

Le donne meravigliose che conosco hanno: capelli ricci, voluminosi, stile Afro come Valentina, Eliana invece è alta con un andamento sicuro, non puoi non notarla. 

Anna ha i fianchi larghi, materni accoglienti e Rossella ha gli occhi di un blu abbagliante.

Credo che la loro personalità si manifesti traboccante come l’acqua sorgiva.

Il corteggiatore che si innamora perdutamente di lei è un uomo pratico, intelligente bravo nel sedurla, tanto da farle perderle la testa, allo stesso tempo lungimirante, sa che sarà la madre perfetta per i suoi figli, sa di poter contare su di lei sempre. 

Non dovrà farsi carico di lei perché lei è ben radicata a terra e nulla la spezza. 

Non vi è furbizia in questo, bensì avvedutezza. D’altro canto lei non sceglierebbe mai uno sprovveduto.

Ma ogni medaglia ha un rovescio e in questo caso per la nostra amica è il sovraccarico di impegni, di iniziative, di cose da fare e da tenere sotto controllo, che periodicamente le occupano così tanto la mente da non lasciarle il tempo di riprendersi.

In questi periodi lei si sente sola, incompresa e stanca. Cerca di mollare la presa e come un prodiere di ammainare le vele, ma è tardi e non c’è un nocchiere pronto a sostituirla alla guida della nave, dunque piange e crolla.

Poi come ogni giorno, il sole sorge e così lei, dopo aver scaricato ansie e tensioni come può e sa fare, riprende il timone in mano e continua a navigare con la sua flotta, per mari aleggiati da improvvise ed impreviste brezze.


martedì 5 maggio 2020

La forma delle relazioni

 

Eravamo sedute ad un tavolo fronte mare, chiacchieravamo del più e del meno e poi come spesso accade ci siamo trovate a parlare di relazioni. Con chi? La mia amica Sonia.

Vent’anni di matrimonio, lavoro, figli, impegni elementi distruttivi per la coppia.

Eppure, lei mi racconta che erano stati felici un tempo, avevano attraversato diversi momenti, unici, irripetibili e ora si ritrovano a parlare di come fare cosa e di come organizzare la giornata. Questa storia, mi è stata raccontata più volte e vissuta anche sulla mia pelle, su quella dei miei genitori, su quelle dei miei nonni e da nuove coppie che verranno. Cosa accade ad un certo punto nella vita a due?

L’opinione che mi sono fatta, dopo diverse riflessioni e caffè è che le belle storie d’amore che diventano relazioni stabili, nascono come le sorgenti.

Le sorgenti sgorgano da alte e profonde montagne e vengono alla luce, tra il verde ed il sole e intraprendono il lungo cammino della vita.

Insieme, la coppia, scava il letto impervio e imprevedibile della loro relazione e scendono verso valle. L’acqua scorre e porta con se ciottoli, terra, rami e foglie; sono i ricordi di quel cammino. In questo letto confluiscono torrenti che ad un certo punto rendono l’acqua torbida, ma il fiume si rinnova e continua a scorrere, non si fa fermare dall’impetuosità dell’acqua nuova e da getti imprevisti.

Quando arriva a valle, in quei vent’anni, la potenza del flusso rallenta, alcuni pescatori svuotano la ricchezza prodotta dall’acqua e gli agricoltori prendono parte di quel prezioso elemento per arricchire nuova vita.

Il fiume si impoverisce ma continua a scorrere, in un letto ormai solcato di cui è difficile cambiare e reinventare il corso e la forma.

Alcuni fiumi si impoveriscono fino a prosciugarsi, altri corsi d’acqua continuano il loro percorso perché alimentati da affluenti che generosamente aiutano il fiume a nutrirsi di nuova acqua e continuare il suo percorso. E poi altri continuano a scorrere fino alla foce che rappresenta la fine della vita e l’inizio di un’altra dimensione la cui natura non è certamente fenomenica. 

Così la quotidianità, che è parte della vita, solca il letto delle relazioni lasciando fossilizzati sotto la sabbia, i ricordi, la freschezza e la vera natura di quel rapporto.


sabato 25 aprile 2020

Una boccata di libertà


La libertà è come l’aria che entra nei polmoni quando sei stato qualche minuto in apnea.
E’ come l’acqua fresca dopo una passeggiata nel deserto.
E’ la luce del mattino dopo una notte insonne. Un ricordo felice di te bambina.
Il concetto di Libertà lo disegnerei come un vestibolo, dove un passaggio ti porta in un altro spazio e in un altro ancora e ancora fintanto che tu abbia la voglia e la volontà di scegliere.
Quando si acquisisce questo diritto fondamentale si possono avere infinite possibilità.
La libertà di scegliere, di tornare indietro, di cambiare e ripensarci.
E oggi più che mai, in cui la nostra libertà è limitata da un esserino invisibile agli occhi, ripensiamola in tutte le sue forme, sociale, politica, individuale, religiosa, sentimentale, nel suo senso etico e pratico.
Immaginiamola a portata di mano: Giovanna libera di scegliere ciò che vuole fare da grande, Mario di essere Maria o di amare Luca, Lucrezia libera di diventare atea, Paolo e Giada liberi di non sposarsi, Aftkar libero di viaggiare, Keji libera di studiare, Mohammed libero di votare chi più gli piace, Emily libera di dire no, Caterina e Antonio liberi di lasciarsi, Yaya libero di leggere le notizie su internet, Paola libera di non volere la maternità, Denise libera di insegnare, Arturo libero di ascoltare e Ashaz pakistana di sposare Francesco, un  italiano.
Il foglio si riempirebbe di esempi reali, concreti di persone che ancora oggi queste meravigliose forme di libertà non le posseggono.
Dunque, a te che hai la possibilità di leggere questo post e di avere almeno una sola di queste opportunità nella tua vita, ritieniti fortunato e prega come sai fare affinché la stessa aria fresca, la stessa acqua e la stessa luce possano raggiungere altre vite.




mercoledì 22 aprile 2020

Ode all'estetista



Il termine estetica, richiama il tema dell’arte e del bello fin dall’antichità.
La figura dell’estetista compare già in Mesopotamia ai tempi dei Sumeri che, arruolavano le schiave per curare la bellezza delle matrone di palazzo. Oltre ad essere padri di molte nostre conoscenze, i Sumeri inventarono i primi profumi e le loro associazioni con le emozioni. Per non parlare di quanto fosse importante, l’estetica per gli Egiziani, ricorderanno tutti i bagni di Cleopatra nel latte di capra, per rendere bianca e liscia la sua pelle.
Dunque, quello dell’estetista è uno dei mestieri più antichi del mondo e mai fuori moda. Oggi, certamente si ricorre ai centri estetici con molta più frequenza e per diversi motivi legati al nostro corpo, ciò le rende delle figure familiari nella nostra quotidianità.
Parlando con le mie amiche, lo faccio quotidianamente, le sento tutti i giorni, emerge sempre il problema dei “peli”, sì, i peli.
Non so esattamente se, gli uomini ritengano ancora eterea la figura femminile, quella che si vede nei film d’epoca, con le sopracciglia perfette, la pelle liscia ed omogenea, nessuna peluria in vista. Probabilmente sono a conoscenza che ricorriamo all’estetica, ma non sanno tutti i nostri artefatti. 
Non sanno che la nostra estetista, che voglio chiamare DALILA, semplicemente perché significa “aggraziata, civettuola”, si prende cura di noi.
La nostra Dalila, riconoscerebbe la propria cliente, passandole la mano sulla gamba, riconoscendone il pelo, proprio come il padrone con il proprio gatto.
 A lei, che guarda tra le tue gambe già dalle 8.00 di mattino se glielo chiedi, perchè sa che devi andare a lavoro e non hai altro tempo.
A Lei che ti dice che “stai bene” anche quando la cellulite si aggrappa violentemente ai tuoi glutei e lei ti massaggia con forza per migliorarne l’aspetto.
 La trovi lì, quando le dici che hai un appuntamento di sera e vorresti le mani curate perché ti senti a disagio. 
E' A lei che chiedi un consiglio sincero su come migliorare il tuo aspetto.
Non è pura estetica, è benessere.
 Una donna si rivolge ad un’altra donna per farsi aiutare a sentirsi meglio con se stessa.
 In questo periodo di lockdown ci manca. Ci mancano le nostre Dalila. 
 Ci guardiamo allo specchio e quei baffetti che strappi da sola, ricrescono prima del previsto insieme ai brufoletti. E le gambe, si fa presto a dire, falle con il rasoio; il giorno dopo pungi come un riccio. 
Parliamo dell’inguine? No, è meglio sorvolare. 
Allora parliamo del viso sciupato, smunto che lei con le sue sapienti mani, risolleverebbe illuminandolo, spolverandolo con della polvere di riso e un po' di colore, custodendo i nostri vissuti agli occhi degli altri.
Allora, ode alle nostre amiche e confidenti estetiste.
E da Milano a Canicattì ci auguriamo che anche voi possiate tornare a lavoro presto e in sicurezza.



lunedì 13 aprile 2020

Covid-19 opportunità o intralcio



Spesso si cerca di trovare un significato ad un avvenimento, di trarre un insegnamento e di voler cambiare le cose. Quello che stiamo vivendo è sotto gli occhi di tutti ma questo non vuol dire che ci cambierà in positivo o in un altro modo.
Ogni giorno, a prescindere dalla situazione è buono per cambiare una parte di noi.
Leggo diverse rubriche dove si parla di madri che chiamano “figlia” la propria creatura, oppure mariti che dicono ti amo alla moglie, gente che valorizza la presenza di animali altri che prestano attenzione ai beni posseduti e all’essenziale, in questo momento di asocialità e calma.
Non è necessario trovare un significato a questa storia o capire quale sia il disegno divino. Che l’uomo fosse fallibile lo leggiamo su molti libri e lo sappiamo da sempre.
Del dio denaro ne parlano i bambini morti e quelli in mare. 
I migranti continuano a morire, eppure sarebbe questo il momento giusto per far vedere come sono cambiate le nostre coscienze; invece nulla è cambiato.
Nemmeno nei ragionamenti più semplici, perché viene sempre prima la nostra comodità. Visto che ora siamo noi le vittime di questa pandemia, non abbiamo tempo per altro se non per creare sensazionalismi.
Dobbiamo riflettere su quello che dobbiamo modificare per poterlo scrivere sui vari post dei social.
Il Covid non ha nessuna missione è solo un virus che ha invaso la nostra quotidianità. Presto si troverà un vaccino e i no-vax tra qualche tempo continueranno a sostenerne la pericolosità dei vaccini; il personale medico sarà riportato alla routine di sempre e si commemoreranno le vittime sacrificali in qualche giorno del calendario.I figli avranno detto un gran “ti voglio bene” alle madri durante il covid-19 e poi ritorneranno ai propri egoismi; una volta passata la paura, la si dimentica.
Credo resterà ben poco delle profonde riflessioni di questi giorni, una cosa è certa, resteranno una forte crisi economica e le multinazionali hanno ben capito che con lo smart working possono fottere i lavoratori e la scuola sfornerà studenti sempre più soli.
Credo che ogni giorno sia quello buono per cambiare le cose approfittandone per creare dei nuovi ashtag.

domenica 5 aprile 2020

Un torpido cammino



Lo sguardo serio e fermo, come quando si guarda un binario, cercando di scorgere la fine, il punto di arrivo; ma l’occhio non lo scorge, se solo avessimo un qualcosa di infinito potremmo coglierlo; ma siamo essere finiti, limitati, capaci di scorgere ciò che è di lato o davanti.
Il binario è desolante, ai lati cespugli aridi, edifici abbandonati e pietre scure.
L’occhio coglie ciò che è percettibile ai sensi, l’andamento è ammortizzato dall’evoluzione di Lucy, il cammino è obbligatorio.
Solo il vento castiga l’aria intorno a noi.
Un gabbiano viene incontro disturbando il nostro passo, agitando le mani lo allontaniamo, ma ritorna ad importunare il nostro atono cammino.
 Lo risospingiamo ma le ali ci percuotono, imponendoci di svegliarci dall’isolamento assordante nel quale ci troviamo. Con un balzo, occhi smarriti e senso si angoscia portiamo le braccia in alto davanti al viso, come in una danza, proteggendoci dalla luce che improvvisamente scorgiamo. Inevitabile l’impatto con il bagliore che penetra il corpo freddo, riscaldando il sangue come il fuoco che divampa tra le foglie secche, torna a circolare con l’irruenza dell’acqua risvegliando ogni singola parte del corpo.
Alito divino che ossigena ogni frammento di noi come la discesa di aria polare che accompagna il Maestrale. Ecco il nostro corpo, terra arida che torna a fiorire, a generare bellezza, capace di cogliere lo spirito d’infino che ci unisce a Dio rendendo quel cammino non più sterile ma avventuriero.

venerdì 13 marzo 2020

Costretti all'immobilità




Correva l’anno 2020 quando nel mese di gennaio una notizia tra le tante occupava gli spazi in tv. Si parlava di Corona virus. Tutti pensavano che sarebbe stato come l’influenza stagionale, un’epidemia debellabile nel giro di qualche settimana.
Invece ci troviamo segregati in casa a distanza di due mesi da allora, ammucchiati in spazi di 40, 45, 50…m2  con la speranza di poter uscire; di sera però compare il Presidente del Consiglio Conte a darci brutte notizie e tu realizzi che andrà sempre peggio.
Presa però dall’ottimismo cerchi di organizzarti per il giorno dopo, centellinando le azioni.
La mattina stranamente ci si sveglia presto, ormai i ritmi sono calibrati su quelli di una vita; stai in pigiama tanto che fretta c’è.
Dopo la colazione che dovrebbe essere più leggera visto che non brucerai calorie stando in casa, sarà più calorica e dopo aver rassettato, dovresti avere l’entusiasmo di lavarti e vestirti e invece posterghi anche quello.
Ok! Decidi di leggere quel libro depositario di spunti e riflessioni; lette le prime dieci pagine passi a qualcos’altro da fare. Prepari il pranzo, più accurato del solito, anche più calorico. Sforni dolci, focacce e pizze e ti accorgi che non siete abbastanza per mangiare tutto. Il pomeriggio post-prandiale è lento e pigro.
Il resto del tempo passa tra una telefonata e una passeggiata tra il bagno e il corridoio con un pit-stop davanti allo specchio, notando la ricrescita dei capelli e non solo quella.
Finalmente è sera, ma hai cucinato così tanto a pranzo che non serve mettersi ai fornelli per la cena. Passiamo alla scelta del film, se si è in due è semplice ma se si è un tre, quattro diventa più complicato.
Nel frattempo aspetti che un nuovo comunicato del primo ministro interrompa il film per aggiungere qualche altra limitazione alla tua vita già limitata. Se non avviene meglio così ricomincerai l’indomani con la stessa routine altrimenti dovrai inventarti qualcos’altro per mettere ko la noia.
Il blocco forzato in ogni caso ci manderà presto in crisi, nessuno escluso.
Faremo i conti con noi stessi, con il partner, con i figli e con i genitori. Sebbene il tempo sia dilatato e le cose da fare poche, troveremo sicuramente come impegnarci pur di non provare quel senso di irrequietezza, di inquietudine che fa parte di noi.
Sarebbe interessante scoprirne la fonte.  

Buona pausa a tutti.

sabato 8 febbraio 2020

Come un albero


Cosa non va in me? Diverse conversazioni con le mie amate amiche confluiscono in questo labirinto esistenziale.
Nulla, mi trovo a rispondere molto spesso. Sei bella così come sei.
Tuttavia la mia risposta non convince quasi mai e come accade tra donne si aprono infiniti mondi e interpretazioni.
Barbara è una ragazza che ha tutto, non le manca nulla o almeno così appare, eppure ha un malessere che si trascina da sempre.
Gioia mia, perché ti ostini a voler essere diversa da come sei?
Comprendo che ognuna di noi tende a paragonarsi alle altre e vedere in esse un aspetto che le fa essere migliori di noi. Tipico delle persone insicure, di chi è cresciuto cercando la perfezione, di chi ha dovuto soddisfare le aspettative altrui, dei genitori prima e di chi si aspettava qualcosa da noi dopo.
Non si tiene conto però, che le persone che tendiamo ad imitare o ammirare hanno a loro volta aspetti oscuri e prezzi da pagare, per essere come sono.
E’ il nostro punto di vista che ce li mostra come una giusta proiezione di quello che vorremmo essere, ma che per varie ragioni non siamo.
Non lo siamo perché non possiamo chiedere al vento di tramontana di soffiare come lo scirocco, non possiamo chiedere al leone di essere gazzella e al girasole di essere rosa.
Possiamo però aiutare noi stessi ad essere come gli alberi, con le radici ben attaccate alla terra e i rami estesi verso l’alto, pronti a prendere tutto ciò che di bello e di meno bello la vita ci offre; nonostante il vento, la pioggia e il tempo rimanendo attaccati con la naturale forza di cui siamo dotati, alla parte più profonda di noi, amandola, coccolandola e farne un pezzo unico, un capolavoro inimitabile e perché no, modificandola se è necessario, ma di solito a quello ci pensa la vita!

domenica 2 febbraio 2020

Chiodi al muro

Proviamo ad osservare una delle pareti più vuote della nostra casa, quella più bianca, immacolata, quella che i bambini non hanno ancora raggiunto con i loro colori. 
Ora proviamo ad immaginare sulla stessa parete, una delle persone che amiamo di più o a cui teniamo fosse anche il nostro vicino di casa; a questo punto prendiamo un chiodo e battiamolo con un martello in un punto qualsiasi, non vogliamo di certo fargli male, solo ferirlo. 
A questo punto, dopo averlo ferito leviamo il chiodo, soffiamo dentro il foro del muro per levare i calcinacci, una passata di mano ed ecco fatto, tutto a posto.
Rimuoviamo l'immagine riflessa et voilà, tutto come prima.
Niente affatto.
Sul muro è rimasto il buco, proprio come nell'animo della persona che abbiamo ferito con le nostre maledette parole, che incidono quanto un chiodo su una parete immacolata.
Si dice, dicono, che la lingua a volte sia più veloce del cervello, niente di più vero. 
Accade spesso, che per ferire qualcuno si rispolverino dalla mente, vecchi rancori, cose non dette e con livore gli urli contro cose di cui poi ti penti ma fai credere a te stesso di aver ragione e diventi immediatamente vittima di qualcosa che hai subito. 
La verità è che fingiamo che nei rapporti le cose vadano bene e alla prima occasione, come se fosse  il momento giusto per colpire, scarichiamo il nostro "non detto" e facciamo male, tanto da lasciare il segno come un chiodo al muro. 
Così, nell'arco del tempo, rischiamo di ferire così tante persone che quella parete potrebbe diventare il tiro al bersaglio della nostra vita, ciò significherebbe aver vissuto una vita con rabbia e non averla saputa gestire, quando avremmo potuto trasformarla in franchezza pagando il solo prezzo dell'urto e non della crepa.


domenica 26 gennaio 2020

Un desiderio da desiderare

Desidero! Una delle parole più importanti nella vita di un individuo, dalla nascita alla morte, a volte desiderata anche quella. Nulla di sbagliato.
Come il neonato che appena vede la luce cerca e desidera il seno materno, dettato da un bisogno, quello di nutrirsi.
Pertanto il desiderio è un bisogno da soddisfare dettato dallo stomaco così come dall'anima; il bisogno  genera desiderio.
Succede anche in amore, una persona s'innamora in un preciso istante della vita, in un momento di bisogno, quando l'amato risponde a quello che in quel momento stiamo desiderando.
A pensarci bene, nell'evoluzione della coppia il desiderio si intiepidisce quando cambiano i bisogni che nella relazione non trovano soddisfacimento e se trascurati diventano esigenze, le stesse che ci portano ad avere il nodo in gola.
Uno dei consigli maggiormente profuso è quello di mantenere sempre acceso il desiderio, come se fosse una lampadina, è facile più a dirsi che a farsi, visto che certi dettami provengono dal profondo dell'anima misti e mischiati ai nostri antenati e alla nostra educazione; ognuno di noi porta con sé un corredo biopiscogenealogico che evolve con noi e dunque come possiamo tenere acceso il desiderio e far nascere a comando nuovi bisogni?  Sarebbe presuntuoso da parte mia fornire una risposta che in ogni caso sarebbe una mia interpretazione.
Se volessi contestualizzare il deisiderio direi certamente che esso abbia il dono dell'ubiquità, è in ogni dove. Ci muoviamo grazie ad un motore alimentato dalla profonda esigenza di realizzare un bisogno che sia esso  pratico, sentimentale o spirituale ed è uno dei modi per apprezzare la vita; il continuo sguardo verso lo spirito d'infinito. 
Tuttavia, in questo preciso momento della storia dell'uomo moderno, definito "consumismo" abbiamo la capacità di divorare così velocemente il nostro premio che non abbiamo il tempo di far germogliare il nuovo piccolo sogno, fragile, verde, ancora non ben identificato, privandolo del più saggio tra i maestri e il più onesto tra i consiglieri, il tempo.

giovedì 23 gennaio 2020

L'abbraccio lento

D'inverno, quando la coperta mi avvolge e ne percepisco il calore durante la notte, ho la sensazione di essere abbracciata e protetta, consentendomi di dormire serena e ne apprezzo la comodità.
Il vero valore tuttavia, lo attribuisco quando al suono della sveglia devo sollevarla per spostarla da me, all'improvviso il mio corpo caldo e rilassato urta l'aria del mattino e vorrei solo per un attimo riavvolgermi nella caldo tepore della coperta. 
Ma devo andare e dunque lasciare quel posticino caldo, comodo, confortevole.
Lo stesso vale quando in un lungo abbraccio sincero e affettuoso, ti senti al calduccio. 
Apprezzi la sensazione e il piacere, ma il valore dello stesso lo scopri nell'attimo in cui avviene il distacco.
 In quella frazione di secondo tutto potrebbe cambiare e quell'avviluppamento di braccia ed emozioni fa già parte del passato. 
Sarebbe bello restare, così, abbracciati, avvolti da una coperta umana calda e piacevole, dove emozioni e sensazioni  rendono tutto possibile anche ciò che non lo è, perchè non si è soli.
Se per un'attimo chiudiamo gli occhi e pensiamo ad uno degli abbracci più lenti della nostra vita, ricorderemo certamente quello di nostra madre e nostro padre, quello fatto di amore puro, all'interno del quale c'era l'augurio di stare bene, sempre. 
L'abbraccio lento è quello che tiene a sè la persona per attimi, che hanno però la virtù di non scorrere velocemente, ti lasciano il tempo di assaporare il gusto confortevole della persona che non vuoi lasciare perchè è preziosa, essenziale, unica.
Oggi credo che abbraccerò lentamente almeno una delle persone che incontrerò e se per caso non dovessi avere accanto a me un amico, un amica, un amato o un'amata dovrò pormi qualche domanda sul mio modo di costruire le relazioni umane.  
E se fossero lontani da me, i miei amati? 
Allora li chiamerò e gli dirò che avrei voluto abbracciarli forte e che non vedo l'ora di farlo, augurandomi che sia sempre lento lento.



sabato 18 gennaio 2020

....a lui

A te che sei l'altra parte di me, alla persona che incontrandomi la prima volta mi ha lasciata indifferente. Ma il suo sguardo su di me non trovava un punto fermo. A te che delicatamente mi hai corteggiata senza mai invadere il mio spazio e senza scandire i miei tempi. Alla persona che con bisbiglii e messaggi mi ha palesato il suo  amore lusingandomi con complimenti, facendomi sentire bellissima e speciale. 
Alla stessa persona che durante il corteggiamento non ha sprecato fiori e sorprese per me, nastri rosa da scartare e profumi da indossare.
Proprio a lui che mi guardava incantato e sorrideva alle mie battute e alle mie smorfie. 
Al galantuomo che  mi offriva la cena e sceglieva il mio vino preferito e che riaccompagnandomi a casa, fino al portone, aspettava che fossi io a farlo salire ma, che una volta chiusa la porta riusciva a diventare l'uomo più primitivo e capace di tirar fuori istinti primordiali, lasciandomi stanca e felice.
Si, a lui che la mattina dopo mi preparava il caffè, lasciandomi il tempo di riprendermi dall'appagato sonno. Il tipo di cui parlo, estroso, sicuro di sé, brillante e dolce allo stesso tempo è affermato nel suo lavoro, pratica sport e ha anche il tempo di essere informato su diversi argomenti, da lasciarmi puntualmente con la bocca aperta, il ché aumenta la mia eccitazione, soprattutto quando posati computer e libri prende in mano la chiave inglese e ripara il tubo rotto del mio lavandino. 
Che spettacolo. 
A lui che anche con decimi di febbre, si alzava dal letto e dopo averlo rifatto, organizzava la sua giornata seppur con una giustificabile lentezza. 
Per non parlare dei  suoi occhi su di me, quando, uscendo dal mare mi accingevo a prendere l'asciugamano, devo dire anche con una punta d'imbarazzo.
Mi guardavano vogliosi denudando quel poco che avevo di coperto, tanto da non resistere, ritrovandoci  a fare sesso nella cabina del lido. 
Cazzo la sveglia!

sabato 11 gennaio 2020

Quando ti senti figa

Tutte quelle volte che ti senti figa! Quando credi di possedere il mondo. Quando dopo la doccia, metti la crema corpo illuminante, il deodorante senza sali d'alluminio.
 Quando hai scelto con cura  l 'outfit. Indossi quel jeans che ti sta bene, l'unico che inventa i glutei. Sotto, le scarpe, le ultime che hai comprato ai saldi.
La giacca quella blu a quadri, di tendenza. Borsa piccola, giusto lo smartphone, il bancomat, il lucido per le labbra, i fazzolettini, le chiavi della macchina altre venti cose che non si capisce dove siano infilate.
 Passando per gli accessori, orecchini a cerchio dorati, una decina di bracciali.
Trucco perfetto, fondotinta, blush, matita, ombretto, rossetto mat.
Una sistemata ai capelli piastrati e indossi il cappotto.
Una generosa spruzzata di profumo. Esci.
Camminando sul marciapiede ti senti una diva, perfetta e quando sei proiettata verso il futuro e avverti lo sguardo degli altri, cadi!

martedì 7 gennaio 2020

What else?

Distrutta come ogni sera, Sara si sdraia sfinita, affondando la testa nel morbido cuscino di piuma d'oca. La federa profuma di fresco e la sensazione di avere i capelli puliti la fa sentire in pace con il mondo. Ogni cosa anche oggi è stata organizzata, vissuta e lavorata al meglio. 
Questo senso di compiutezza delle attività la fa stare bene. A volte mi viene da pensare che potrebbe essere il senso di colpa radicato nella formazione femminile, invece ripensando a Sara credo che la completezza che avverte ogni sera fa parte del suo vivere la vita intensamente come se ogni giorno fosse l'ultimo.
Ciascuno di noi non può vivere, per diverse ragioni, la vita che vuole. 
Pertanto deve fare di quella che possiede la più bella possibile, amandola e coccolandola perché potrebbe essere l'unica disponibile.
 Allora la sensazione di mettere il piede sull' acceleratore  dell'esistenza la fa sentire viva.
Certo, questa filosofia ha un prezzo.
Il prezzo di svegliarsi presto per vestire il ruolo di casalinga, stendendo la biancheria, cucinando qualcosa di semplice per il pranzo, passando a quello di mamma, svegliando le sue bambine e preparargli la colazione e la merenda pure.
Gli ultimi dieci minuti li dedica a passare la piastra sui capelli e alla stesura del mascara che inevitabilmente urta la palpebra e perde altri tre minuti a rimuoverlo senza far sbavare quello già fissato. Pronta per uscire, tre ruoli indossati in un paio d'ore, nemmeno il migliore personaggio degli Avengers. 
A lavoro, arriva già elettrizzata ma concentrata sul da farsi, chi la vede allo sportello della banca presso cui lavora, la giudica un pò severa per la sua faccia tesa e il sorriso forzato.
In realtà mantiene i contenitori della sua vita a compartimenti stagni, ogni ambito deve essere separato e diviso dall'altro, altrimenti il personale si mischia con il professionale. Non sia mai!
Arriva la pausa pranzo, per i colleghi uomini è un momento di ripresa celebrale, per Sara è il momento della chiamata alla baby sitter per sapere se le bambine hanno pranzato e se stanno bene. L'imprevisto di solito è dietro l'angolo, ma lei non si scoraggia e nell'ultima mezz'ora riesce ad organizzarsi.
 Si ritorna a lavoro, che ama. I numeri sono la sua passione. Ma i bilanci da fare sono tanti  e impegnativi, pertanto aspetta con gioia l'ora che sigla il fine turno.
Alle 17.00 sveste i panni dell'impiegata e indossa quelli della casalinga, se non fa la spesa non si mangia. Rientra a casa con le buste che le tagliano le dita anche se era entrata al supermercato per prendere il latte, il pane e gli spinaci, ma come ogni donna esce dal supermercato con cinquanta euro di spesa. Maledette offerte tentatrici!
A casa l'aspettano i compiti, con lamentele varie e tra  una padella e l'altra ci scappa la poesia, la prima guerra mondiale e le espressioni algebriche. Tre figli sono tanta roba.
Ma Sara non è sola, c'è il marito che però rientra alle sette, giusto il tempo di lasciargli le consegne e scappare al corso di TRX. Il momento più faticoso ma il più appagante di tutta la giornata. 
Sono le 23.00 quando Sara si spoglia di tutto, bacia il marito, le figlie e si tuffa nella lettura di una sola pagina del suo libro, ora sta leggendo Leoniè di Sveva Casati Modigliani, un libro poco impegnativo, ma dopo una giornata del genere, What else? 

venerdì 3 gennaio 2020

quando ...?

A quanti quando dobbiamo rispondere durante l'arco della nostra vita? Nasciamo già legati e condizionati dalla rete sociale alla quale apparteniamo. Siamo liberi solo in apparenza, perchè nessuno di noi lo è in realtà.
Nella prospettiva funzionalista le strutture sociali e culturali sono legate tra di loro.
Sono come una globalità di un unico sistema. Se pensiamo al nostro corpo, la funzione di un organo non può essere sostituita da un altro organo e pertanto esso svolge un' attività fondamentale per l'intero corpo e deve dare conto del suo funzionamento. 
Se questa prospettiva la spostiamo sulla nostra vita quotidiana e sulle nostre relazioni ci accorgiamo quanto, per dirla come dicono i saggi della mia famiglia: "sta bonu unu finchè vo l'atru". 
Pensiamo agli innumerevoli condizionamenti che tutti i giorni viviamo da sempre!
Dal primo, di cui abbiamo memoria, verso i cinque anni alla fine dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia: " quando vai a scuola"? La risposta sarebbe: " a settembre come tutti i bambini "
Ci sono anche i ricordi ormai caduti nel pozzo, quelli del quando cammina? Quando parla?
Tuttavia, questo render conto non infastidisce, ci sono i genitori pronti ad intervenire per proteggerci, come aquile reali. 
Questo atteggiamento infastidisce quando si hanno più consapevolezze e non si ha la voglia di spiegare pensieri o  progetti di vita. 
Spesso non siamo capaci di rendere conto a noi stessi figuriamoci agli altri, che ahimè ritroviamo in famiglia o tra gli amici, il che è peggio perché  si fa più fatica a mandarli a quel paese.
Al: "quando ti laurei"?  Potremmo rispondere, "quando mi va"! "Quando riuscirò a superare questo blocco del piffero che mi mortifica ogni giorno, quando avrò i soldi per pagare la retta, quando mi riprenderò dall'ennesima delusione, quando rimetterò la testa a posto".
Vogliamo parlare del quando ti sposi ? La domanda più ficcanaso che esista. Nella ricerca delle risposte si annoverano: non mi sposo, vedremo magari un giorno, quando avrò i soldi, quello con cui voglio sposarmi è già sposato con due figli, humm vediamo l'uomo che voglio sposare è gay, non ho i soldi, non credo nel matrimonio.
 Il repertorio sarebbe fornitissimo di risposte.
Ma al peggio non c'è mai fine. La peggiore di tutte: " a quando un figlio"? Ora, come spiegare agli altri una scelta  che spesso una scelta non è. Forse nella domanda si nasconde un desiderio infimo di provare pietà o trovare un nuovo argomento di cui parlare con gli altri componenti della cricca.
Anche qui il ventaglio delle risposte potrebbe essere: non ne voglio, non sopporto i bambini, lo adotterò, mio marito è sterile, non ho il tempo di procreare, voglio divertirmi, sono egoista, ho la spirale ad impianto fisso.
Semmai dovesse esserci già un bambino il quando si sposta sul secondo e nel caso dovessero essere dello stesso sesso, femmina per esempio, la domanda sarebbe: "a quando il maschietto"?
Questo continuo impicciarsi della vita privata degli altri non fa altro che aumentare ansie capillari che piano piano ti portano a progettare la vita sulle aspettative altrui.
Dunque, non potendo cambiare gli altri, con i quali tutto sommato abbiamo relazioni più o meno intense e con le quali formiamo un sistema utile anche per noi, cambiano il nostro atteggiamento.
Un sorriso di cortesia e non rispondete, continuate a fissare il vostro interlocutore con il sorriso ma non rispondete, lui vi crederà tonte ma non importa, non rispondete!
Sorridete e non rispondete.


mercoledì 1 gennaio 2020

Signora solitudine

Durante le feste sale un senso di solitudine  che invade parte delle emozioni.
Eppure a volte quando tutto è apparentemente perfetto, sereno, essa si presenta, puntuale.
Definendola con un solo termine non le si rende giustizia perchè l'amica "Soly" è donna e lo dimostra  la sua accezione morfologica, pertanto complicata.
La prima reazione  che si ha, appena essa si presenta, è rendersi indifferenti, postergare sempre il momento della sua analisi.
Ma non si scappa dalla verità, che bussa attraverso le emozioni per entrare e fare due chiacchiere con la parte più profonda noi, ma noi furbamente ci giriamo verso l'ennesima cosa da fare.
Lei, la signora solitudine, ha sempre qualcosa da raccontare,  ma aspetta mettendosi in fila con i nostri sogni e quando è il suo turno, noi la rispediamo indietro, a rimettersi in coda. 
Allora lei che fa? Si organizza e chiama i rinforzi. 
La solitudine, se si sente rifiutata allora si presenta con diversi amici con cui  condividere gli spazi della nostra anima e se noi la ignoriamo nuovamente, allora sarà il nostro corpo ad ascoltarla.
A volte arriva con il senso di paura, che ti fa tremare le gambe e ti fa traballare. 
Si ha la sensazione di perdere tutto o tutti oppure, per essere meno catastrofici, anche solo una cosa, ma  la più preziosa che si possegga.
La paura che possa succedere di nuovo, ritrovarsi a contorcersi nel letto, a volte anche ai piedi del letto per il senso di solitudine che ci attanaglia davanti alla vita che ci ha rubato qualcuno.
Proprio quella di Giovanni Pascoli, tanto per attingere dalla poesia. 
A volte si organizza con la tristezza, la peggior accoppiata di sempre e non c'è benzodiazepina che tenga! La loro unione genera l'angoscia, il mal di vivere.  Per intenderci alla Leopardi maniera, lui in realtà ne aveva ben donde, forse se avesse avuto qualcuno con cui condividere le sue paure, non ne avrebbe sentito il peso mortale.
Forse se riuscissimo ad ascoltata in tempo, non incontrerebbe l'angoscia. Chi può dirlo!
Quando esce con la fobia, la nostra vita diventa una non vita, lo so è un ossimoro ma è proprio cosi. Qualsiasi cosa che noi faremo, la faremo sempre con l'aiuto di una stampella umana, che dovrà portare il peso della nostra solitudine più profonda e inascoltata. Dunque il rapporto diventa un menage a trois, solitudine, fobia, inconsapevole egoismo, che ricadrà su chi sta accanto, oppure, non riuscendo a trovare la nostra anima immolatrice, faremo la fine di Quasimodo, il gobbo! Guarderemo dalla torre la vita che passa, tremando per la paura di esistere.
Allora per questo nuovo anno che verrà ascoltiamo l'amica di sempre, la solitudine. 
Accogliamola, offriamole la parte più bella di noi, invitiamola a danzare con le altre emozioni e tieniamola accanto a noi, non allontaniamola altrimenti lei si organizza. Perchè anche lei si sente sola!


Buon 2020 a tutte le persone "sole".