sabato 28 dicembre 2019

Il ciclo

Siamo così perfettamente uniche che nemmeno il ciclo è uguale per tutte noi, sebbene esso sia universale.
Scombinato nei tempi, nella durata e nel suo manifestarsi. Il tratto più ancestrale che ci portiamo dietro, il fil rouge tra Eva e noi.
Maria Vittoria aveva 10 anni quando le arrivò la prima volta e la guardavo come se fosse diversa da me, più imponente, più alta, non era più lei.
Non so bene in cosa fosse cambiata.
Dev'essere stato uno shock vedere all'improvviso il sangue tra le gambe, non ne comprendi l'immenso valore, comprendi solo che da lì  a poco ti verrà un fastidioso mal di pancia, il primo di una lunga serie ai quali dovrai far fronte con bustine di nimesulide e ibruprofene.
Accadde un giorno a casa di sua zia Amalia, c'erano i preparativi del matrimonio di sua cugina devo dire molto bella, la ricordo bene.
Maria Vittoria sentiva una certa umidità tra le gambe e preferì andare a controllare.
Trovo' macchie di sangue vivo, lo osservò per qualche minuto, piegando la testa di lato come fanno i cani quando non comprendono ciò che dice il padrone.
Dopo una serie di pensieri non detti, pensò che fosse arrivato quel momento, il misterioso processo uterino che condannava ogni donna alla visita del "marchese" tutti i mesi fino all'età di cinquant'anni. Che fortuna!
Insieme al "marchese" o "parente in visita" o "Barone" sarebbero arrivati da li a poco una serie di visite fastidiose, gli ormoni!
Maria Vittoria sarebbe cambiata davvero, ma solo il suo futuro marito se ne sarebbe accorto, sintesi di tutti i problemi in quei giorni, come tutti i mariti.
Ecco perché io ancora non riuscivo a coglierne il cambiamento.
Solo chi sta accanto ad una donna in tutto l'arco del mese e per lunga durata ne coglie perfettamente il senso, ne comprende la complessità.
Uscita dal bagno la giovine donna lo comunicò alla madre che, con estrema riservatezza lo comunicò a tutte le donne presenti nella stanza, per quelle lontane usò il telefono.
Tutti dovevano sapere che M.V. era "caduta dalle scale" che fosse diventata "signorina".
Una pioggia di complimenti, abbracci, auguri invasero lo spazio emotivo della bambina che non capiva cosa avesse vinto.
Cara Maria Vittoria ora a quarant'anni posso svelarti ciò che allora non capivamo e ciò che tu, io e l'universo femminile abbiamo vinto.
Il premio consiste in un periodo premestruale fatto di tensioni nervose, fastidi al colon, fastidi al seno, spesso capita che il fastidio si sposti ai reni e alle gambe, chi è più fortunata ha una serie di emicranie e una fame nervosa che divorerebbe tutto ciò che sembra commestibile.
Oltre a combattere i tuoi amici ormoncelli combatti anche con la parte di te che non vuole ingrassare e questo aumenta la tensione.
Dopo questo periodo che dura circa quindici giorni, arriva il ciclo vero e proprio e si salvi chi può!!
Oltre alla serie di fastidi fisici, sudorazione e gonfiore, il "marchese" ci regala una tensione nervosa  propria di  Hannibal Lecter, una fame tipica di un uomo primitivo, una serie di assorbenti di ogni taglia e misura, interni ed esterni, imbuti di silicone da riempire e svuotare come il vino da filtrare, asciugamani da lavare ogni due per tre con la candeggina, imbarazzanti occhiate alla sedia dalla quale ci siamo appena alzate e una flatulenza indicibile.
Ma da li a 4,5,6,7 giorni il tutto dovrebbe svanire, lasciando il posto ad un tranquillo periodo di serenità, di sgonfiore, di capelli rilassati, di pelle liscia, ogni prospettiva torna ad essere rosea e il mondo sembra vivere in pace, ma la tregua bellica dura all'incirca una settimana.
Dopodiché ricominciamo ad ovulare e si scende nuovamente in campo agguerrite.
Cara Maria Vittoria, starci accanto non è proprio un piacere, non dev'essere propriamente rilassante. Tuttavia se si riescono a beccare i giorni giusti, come il proiettile nel tamburo della roulette russa, allora tutto diventa armonioso.
Ti dirò, forse è questo che ci rende misteriosamente attraenti e perfette!













venerdì 27 dicembre 2019

Intercity Crotone - Torino

Valigie enormi preparate con cura dalla mia mamma.
Metteva i vestiti all'interno di una valigia grande, scarpe e cappotti in un'altra e lasciava una terza valigia per mettere dentro le prelibatezze della mia terra. La provola per zia Titina, la sardella, che fai? Non la porti a zio Arturo? 
taralli dolci, la pitta nchiusa, la sensazione era quella di non poter portare mai abbastanza per ringraziare dell'ospitalità. 
Ero eccitata all'idea di prendere quello che ai miei occhi appariva  come un serpente enorme, dalla coda infinita.
Invece era l'intercity Reggio Calabria - Torino delle 18.30 partenza da Crotone. 
Papà per prima cosa portava i bagagli nello scompartimento scelto e li sistemava con ordine uno accanto all'altro, noi lo seguivamo dietro. Mamma con un telo copriva i sedili di tessuto impregnati di tabacco e polvere. Le sue prime parole ci mettevano in guardia sul toccare  ogni cosa con le mani, curiose di premere tutto ciò che avesse la parvenza di un pulsante.
Dopo un' attesa ormai consolidata e condivisa il treno lasciava Crotone e iniziava il mio viaggio.
Attaccata al vetro, con l'alito creavo sul finestrino il mio album da disegni stilizzati, che prontamente scomparivano come le case che vedevo passando. 
Tuc tuc, tuc tuc, tuc tuc, il rumore delle giunture dei vagoni accarezzavano i miei ingenui pensieri facendomi perdere lo sguardo tra le stelle, immaginando di vederle cadere.
Alla stazione di Napoli, il primo risveglio. Una stropicciatina agli occhi e di nuovo al finestrino riprendendo la serie di disegni iniziati prima. Lo sguardo questa volta veniva catturato dalle luci delle finestre dei condomini dietro la stazione. 
Le tipiche case, piccoli condomini abbandonati a se stessi, panni stesi a caso, senza un ordine, cabine in allumino sui balconi con cumuli di cose. Alcune finestre erano accese alle 03.00 di notte.
Sentivo il profumo di caffè caldo, in effetti c'era, era mia madre che riforniva di caffè i vicini di posto e a mio papà, loro non chiudevano occhio. Ogni tanto uno chiedeva all'altro duvi simu?
E io attratta da quelle finestre cercavo di scrutare i pensili delle cucine, cercavo di capire se fosse sveglia una mamma o un papà, se fossero svegli entrambi e perché.
Forse il marito faceva il netturbino e doveva uscire presto e lei preparava il latte.
Oppure stavano litigando perché non avevano più soldi per pagare l'affitto.
Erano svegli perché il figlio piccolo aveva la febbre, oppure il figlio grande non era ancora tornato a casa. Io cercavo una spiegazione logica a tutto ma fino a Caserta dopodiché  crollavo nuovamente nel sonno profondo, tuc tuc, tuc tuc, tuc tuc.
A Cassino riaprivo un solo occhio ma non c'erano finestre accese, cosi lo autorizzavo a richiudersi.
Ogni tanto in lontananza sentivo qualche colpo di tosse e la porta a scomparsa che si apriva e si richiudeva. L'odore del treno era ovunque, faceva bene la mamma a mettere il telo.
A Firenze ormai era giorno, io ero ben riposata e avevo fame.
A quel punto mia mamma con un altro thermos versava il latte ancora caldo nella tazza di plastica,
 alla faccia degli ftalati e del bisfenolo.
Scartavo la mia crostatina e mamma poggiava la tazza sul minuscolo vassoio estraibile  ormai smollato che trenitalia ci forniva come servizio a bordo. 
Gustavo la mia colazione continuando a chiedermi a quel punto dove andassero tutte le macchine che vedevo sull'autostrada. Immaginavo viaggi bellissimi, famiglie intere che andavano a trovare i parenti come facevamo noi, oppure erano lavoratori che lasciavano le famiglie per recarsi al nord. 
Le mie gambe ormai erano anchilosate avevo voglia di sgranchirmi e stranamente mi era permesso di alzarmi e fare due passi nel corridoio ma senza spostarmi dal vagone.
La prima meta era il bagno. Il gabinetto era in acciaio con una valvola che bloccava la pipì e si apriva all'improvviso disseminandola improvvisamente lungo il binario. 
Cosi immaginavo i chilometri di cacca  che si confondevano con le pietre che sostenevano le rotaie. Dopo aver ispezionato il bagno e scaricato lo sciacquone per tre volte, ed essermi lavata  ed asciugata le mani con l'acqua vischiosa e la carta marrone e ruvida ritornavo al mio posto.
Simu arrivati? Si, Simu arrivati. Amu scinniri.



mercoledì 25 dicembre 2019

Oltre tutte le stelle

Ti immagino lontano librarti nell'aria oltre tutte le stelle leggera come i filamenti dello zucchero filato tra le dita.
Quella sera quando ti ho persa parte della mia anima è volata via con te. 
Da allora non sono più la stessa. 
Tutte le volte che vedo la mia immagine riflessa allo specchio  vedo te  o l'illusione di saperti felice.
Meraviglioso, sarebbe vederti per una volta ancora, stringerti e parlarti, suggerirti di sussurrarmi parole rassicuranti, aliti da percepire sulla pelle. 
Ti suggerirei di farmi una carezza prima di dormire dopo la preghiera della sera in cui chiedo al cielo di aiutarmi ad andare avanti. Ti suggerirei di baciare la lacrima che scivola lentamente sulla guancia quando mi capita di pensare a come saresti stata adesso. 
Cosa sei venuta a fare sotto questo manto di stelle se poi non hai potuto godere della loro luce? 
Già, ma anche le stelle si spengono per dar posto ad altra luce, anche più forte.
Succede così, proprio come il più banale degli esperimenti, come il tramonto che lascia posto all'alba, come il bruco che genera la farfalla, come l'acqua  abbandona il mare per risalire al cielo. 
Si certamente funziona cosi. 
Quando la morte ti tocca, ti sfiora, purtroppo e per fortuna riusciamo a sopravvivere e a godere ancora delle cose belle, riusciamo a farci una grassa risata, si riesce persino a fare l'amore con spensieratezza godendo di piacere. 
Morire ci appartiene nella stessa misura della nascita, è una verità. 
Così come è verità che il sole ci bacerà ancora domani, il fuoco ci scalderà nuovamente, un abbraccio ci conforterà e il mare meravigliosamente tornerà a farci compagnia con lo sciabordio delle onde, le montagne continueranno a stupirci con la loro imponenza e io ti rincontrerò impercettibilmente ovunque.
La tua morte è un nuovo NATALE.


A chi ha perso qualcuno e a tutti gli altri BUON NATALE




lunedì 23 dicembre 2019

Il mio primo post, su Jasmine Cristallo

Ho pensato all'argomento del mio primo post, mi sono arrovellata a pensare.
Ogni cosa mi sembrava banale non all'altezza dell'idea che ho di questo blog. 
Questa mattina leggendo i quotidiani, spulciando i social ho trovato l'articolo su Jasmine Cristallo, allego di seguito il link per leggerlo.
Bene l'ispirazione me l'ha data lei. 
E' proprio questa l'idea di perfezione che ho della donna. Non ho nemmeno guardato la foto corredata all'articolo, ho solo letto le sue parole e le ho sentite mie. Gli uomini ci accusano, in realtà anche noi stesse lo facciamo, di essere  ormonali a volte isteriche, ma non è cosi. 
E' cosi: quando la vita ci pesa troppo o troppo poco, ma quando vi è equilibrio, quando si è centrati quest'associazione agli ormoni decade. 
LE sue parole assertive, dolci e decise non lasciano dubbi sulla sua intelligenza. 
Grazie Jasmine per il bell'esempio di essere DONNA.