Un colpo di reni

Aria semplice, indaffarata, molto concentrata sul lavoro. Piera è un medico, inconsapevole della sua bellezza e della sua bravura. I suoi capelli rossi, ondulati e gli occhi neri da cerbiatto la rendono molto attraente. Un corpo imperfetto, un pò di chili accumulati sull'addome, gambe magre, seno di una quarantatreenne, da ritoccare. 
Piera ha una vita soddisfacente, single. Le relazioni che Piera ha avuto in passato sono state con uomini più grandi di lei, è attratta dall'uomo che è in grado di proteggerla, che sa più di lei, capace di insegnarle a vivere, che ha la soluzione per ogni problema, lei ama avere il controllo della situazione, sempre, le piace muoversi su terreni sicuri. Sebbene poi, si siano rivelati dei fallimenti. 
Vite separate, egoismi che andavano oltre il noi. Una storia d'amore richiede impegno, altruismo e fantasia, nella vita  di coppia Piera si sentiva stretta, era un abito non cucito su misura, aveva bisogno di un bravo sarto.
Ha diverse amiche, sportiva nella misura in cui lo sport è concepito dal negozio all'inizio  di corso Toledo fino a piazza del Plebiscito, dopo di ché si ritaglia qualche oretta a settimana per dedicarsi allo Yoga. E' vitale, energia allo stato puro, non perde un'uscita, proposta puntualmente dalle sue amiche, quando non è lei a pensarci, che come lei hanno tempo libero a disposizione dopo il lavoro. Appassionata di politica e ama l'arte, il suo obiettivo per i suoi primi quarant'anni era quello di poter visitare le maggiori pinacoteche Europee. Obiettivo raggiunto.  
I suoi turni in ospedale sono estenuanti, non è per niente facile la sua vita da medico. 
Nel reparto di nefrologia nell'Ospedale Pellegrini, lei condivide le patologie dei pazienti con altri otto colleghi, tre  donne e cinque maschi. Questi ultimi inguardabili oppure noiosi, quei tipi con gli occhialini con la montatura a giorno, aria da intellettuale, ma tremendamente incapaci di sollevarti appoggiandoti al muro come  Mickey Rourke in 9 settimane e mezzo, dove si assiste all'inno della mascolinità. 
Uno dei tanti pomeriggi in ospedale in cui aveva i capelli legati, un filo di trucco, gli occhiali da vista e il camice. Passa per le visite ai pazienti con le cartelle in mano e l'infermiera accanto. Un sorriso confortevole, si ferma con l'anziana alla quale il diabete ha compromesso le arterie renali, la saluta, le regala un sorriso e una battuta nel colorato dialetto napoletano. L'anziana Signora Sofia, la benedice e le restituisce sorriso e battuta. 
Sofia non avrà vita lunga sebbene abbia 76 anni, la sua situazione è piuttosto grave.
Con passo fermo e lento la dottoressa, sia avvicina a Rosa, 61 anni in dialisi ormai da due. 
Le chiede dei figli, mentre con l'infermiera compila ed esamina la cartella. Rosa ha due figli, ormai quasi trentenni Diego e Andrea. Il primo vive a Dubai, lavora come ingegnere per una compagnia internazionale che produce turbine per le centrali elettriche.
L'altro, Andrea sta finendo un master in Lighting design a Roma, dove ha studiato Architettura.
Rosa è orgogliosa dei suoi figli, la dottoressa li conosceva attraverso le parole e i racconti amorevoli della madre. Non li aveva mai incontrati. 
Intanto la dottoressa in un paio d'ore finisce il giro di visite e scende al pronto soccorso.
Una giovane ragazza, durante un incidente stradale si era perforata un rene con l'asta di ferro dello schienale del sedile della sua Opel corsa. Ogni giorno, Piera ha la sensazione di immergersi in una vasca di dolore, problemi e a fine turno ha la necessità di uscire, lavarsi e asciugarsi per ritornare alla sua vita.  
Erano già le 19.00 quando risale dalla sala operatoria, per fortuna la ragazza era fuori pericolo anche se aveva perso un rene. 
In reparto, durante le visite dei parenti la dottoressa si chiude nella stanza dei medici, ma a bussare per avere informazioni sono in tanti. Quelli che cortesemente le chiedono del programma terapeutico, quelli che con arroganza accusano i medici di non fare molto per il proprio parente, quelli che nemmeno con la mano divina riesci a farti comprendere, quelli che bussano per sapere quando possono parlare con il Primario e quelli che devono lamentarsi del personale infermieristico.
Nessuno bussa per dire grazie al medico per il lavoro svolto, per aver salvato anche oggi vite umane, per aver dato una speranza, la principale medicina per il paziente e i suoi familiari.
Piera termina il suo turno alle 20.05 con l'aria di chi si è abituata a quella vita, senza troppa stanchezza o amarezza per qualcosa andata male, nemmeno con troppo entusiasmo per qualcosa che invece è andata bene. Ha finito. 
La dottoressa rindosserà il suo camice l'indomani alle 7.00 di mattina.
La sua sveglia è impostata alle 5.30, Piera ha bisogno di connettersi con il mondo dopo aver annaffiato le sue piantine, preparato il caffè bollente e nero. Lei di solito, ancora in vestaglia, guarda fuori dalla finestra, da casa sua si vede il sole sorgere, con gli occhi ancora assonnati si ferma a guardare, sospendendo ogni pensiero. Dopodiché si siede su uno degli sgabelli neri della sua cucina stile industriale, fa colazione, ama le fette biscottate con la nutella e quando si sente in colpa con la sua bilancia l'alterna con la marmellata di prugne. Alle 06.50 Piera è già vicino all'ospedale. Quella mattina il reparto era a pieno ritmo, riunione con il primario rapida ma andava fatta. Piera detestava quelle che a detta sua erano inutili riunioni. Dove al medico veniva chiesto di rimanere incollato al pc per ore e lontano dal paziente, che a sua volta rincorreva e mendicava la presenza del  medico.
 Piera faceva di tutto per rincorrere il suo obiettivo, quello di essere un bravo medico e non una burocrate. Uscita da quella stanza riprendeva il suo vero ruolo e iniziava l'interminabile giornata, fatta di terapie, personale insufficiente per portare tempestivamente i pazienti a fare una tac. Molto spesso Piera non aveva nemmeno il tempo di andare in bagno, il caffè espresso dal distributore, le veniva lanciato dal collega al quale lo aveva portato un paziente. 
Ma nonostante tutto lei amava quell'odore, quel camice, la visione di quei pazienti da "salvare". Il suo turno sarebbe dovuto finire alle 14.00 ma erano passate altre tre ore. Sfatta  ed esausta, esce dal reparto e aprendo la porta trova davanti un ragazzo, gentile che le apre la porta e in un incrocio di sguardi rapidi, si alternano. Lei di corsa va via. Lui entra, va dalla madre Rosa. Dopo aver chiesto alla madre come stesse, dandole un bacio le chiede di quella dottoressa con i capelli rossi. La madre, vecchia volpe, capì che il suo secondo genito aveva messo gli occhi sulla bella Piera. 
L'indomani Andrea torna a far visita alla madre, ma la bella dottoressa non era in turno, avrebbe fatto la notte quella sera. Andrea aveva avuto poche donne nella sua vita, era un tipo serioso. Di quelli che si innamorano e perdono la testa. Direi anche troppo serio, di quelli che nella vita fanno poche cose ma fatte bene. 
All'università se l'era presa con comodo, ogni esame doveva essere preparato con cura. Aveva un bel sorriso, aperto, di quelli che illuminano il volto, quelli che difficilmente dimentichi. Il giovane architetto viveva con dei colleghi, ancora non riusciva ad avere un reddito tale da consentirgli un'appartamento tutto suo. Ansioso, tipico dei perfezionisti ma sempre pacato e mai banale. 
La sera Piera si presenta in reparto, saluta i colleghi ai quali avrebbe dato il cambio. 
Nel corridoio scambia qualche parola con le infermiere, ad osservarla c'era  lui. 
Era tornano a salutare la madre accompagnando una zia. 
Piera si affaccia come ogni volta a salutare le sue pazienti. Rosa ne approfitta per presentarle orgogliosamente suo figlio.
 Una stretta di mano, un sorriso disinteressato che diventa professionale quando lui chiede dello stato di salute della madre. Un arrivederci.
Sarebbe stato il primo di altri tre colloqui con la dottoressa. 
Si dice che quando desideri fortemente una cosa e la sussurri al mondo, l'universo ti ascolta.
Andrea non riusciva a spiegarsi perchè quella donna lo avesse colpito così profondamente ma desiderava incontrarla ancora. 
Finalemente Rosa viene dimessa, lui accanto a lei. Piera appena arrivata in ospedale li vede e non può fare a meno di salutare quella paziente così gentile e affettuosa. Facendole le opportune raccomandazioni più da figlia che da medico, le da il proprio bigliettino da visita e nel contempo si accorge dello sguardo di Andrea, lo incrocia e s'imbarazza, ma abilmente rientra nel suo terreno sicuro, le raccomandazioni mediche.
Saluta lei e guarda lui per provare a se stessa che non teme lo sguardo del giovane.
 In fondo lei è una donna rispetto a lui, ancora così giovane, cosa avrebbe potuto temere.
La conversazione è interrotta dall'infermiera che chiama la dottoressa per un cosulto, lei rientra e si concentra sul suo lavoro.
I due lasciano l'ospedale.
Finalmente a casa, Rosa prende possesso delle sue cose e Andrea prepara la valigia, deve rientrare a Roma, il tempo trascorso a Napoli era passato velocemente, spinto da nuove emozioni. 
Certo, che prima o poi l'avrebbe rincontrata. Nelle tasche aveva il suo biglietto da visita, doveva aspettare il momento giusto per utilizzarlo.
Passate due settimane e spulciati i social per vedere il profilo di Piera, Andrea trova il coraggio di mandarle un messaggio. Alle 17.00 di un giorno qualsiasi, arriva una notifica sullo smartphone della dottoressa: "Grazie dottoressa per la premura e la professionalità con cui ha seguito mia mamma, ancora oggi parla di lei; spero prima o poi di poterla rincontrare per ringraziarla nuovamente, Andrea Monti".
Ora anche lei aveva il suo numero.
Tuttavia Piera non sembrava affatto interessata a lui. Allontanava il pensiero di poter mettere gli occhi su un ragazzo più piccolo di lei di ben 13 anni. 
Quella sera liquidò Andrea con un: "grazie, faccio solo il mio lavoro, non c'è bisogno di ulteriori ringraziamenti, saluti alla mamma".
Tenace e con l'audacia di un giovane, ripeteva a se stesso che l'avrebbe rivista. 
Così fu.
In un pomeriggio del mese successivo, durante una passeggiata al centro i loro occhi si incrociarono e stranamente lei sentì un balzo nel petto, ma rimase fredda. 
Lui, la guardò intensamente, facendole percepire il suo interesse. Le si avvicina, la saluta con una stretta di mano. Lei ricambia con un sorriso sicuro di sé almeno in apparenza. 
Lui approfitta della situazione ricordandole il messaggio inviatole il mese prima.
 Lei rifiutò in un primo momento, con garbo, ma lui rilancia e lei cede. 
Entrati nel bar, entrambi provavano un leggero imbarazzo che di solito affiora quando si è coinvolti in qualcosa di inaspettato. 
Piera, rompe il ghiaccio con delle domande su Rosa, ma lui con una leggera timidezza porta l'argomento sul personale; gli premeva sapere se fosse impegnata in una relazione: " scusa non ti ho chiesto se fossi da sola o accompagnata da qualcuno", lei, astuta risponde:" no, tranquillo te lo avrei detto io, sono da sola".
Finito il caffè il più breve che Andrea avesse mai bevuto, si accompagnarono fuori e si salutarono, temporeggiando tra un: "va bene, allora grazie, magari ci si vede".
Lei si girò e andò via, lui rimase li a guardarla sempre più convinto di volerla rivedere.
Il tempo è il miglior consigliere e fa si che le cose vadano come devono. Ma Andrea non poteva più far passare troppo tempo; doveva dirle quello che provava. Così qualche sera dopo il loro caffè, parti dal suo smartphone un nuovo messaggio: "non vorrei disturbare, vorrei chiederti delle informazioni, potresti dirmi quando posso parlarti?".
Piera non  esitò a rispondere, ingorando quello che lui le avrebbe proposto da lìa poco: "anche ora se vuoi" . 
Andrea chiamò, con la paura di poter rovinare l'incipit del discorso. 
Dopo i convenevoli iniziali ebbe il coraggio di chiederle di uscire con lui. 
Piera esitò, con aria confusa, ripensava alla scusa trovata dal giovane e accennò ad un sorriso, per l'audacia e l'imbranataggine. 
"Perchè dovrei uscire con te? "  lui: " perchè, non mi conosci" Piera: " e dunque?" lui: " e dunque, ti sto offrendo la possibilità di farlo, gratuitamente". 
Lei scoppiò a ridere e accettò l'invito, senza fare molti complimenti.
Ora Andrea avrebbe dovuto stupirla.
Appuntamento a giovedi, dopo appena cinque giorni. Il tempo giusto per organizzare qualcosa di singolare. Nel frattempo Lucia, sicura di sè nei suoi pensieri sbeffeggiava il gesto del giovane con le amiche. Quel giovedi lei si preparò con cura, voleva sembrare sicura di sè e adulta agli occhi di Andrea che si presentò con una Vespa Primavera 150 ed un casco in più. 
Piera aveva indossato una gonna lunga e un giubottino di jeans corto e delle bikers ai piedi, outfit perfetto. Andrea la portò in giro nella loro Napoli da entrambi visitata più volte, ma quella sera con uno sguardo diverso, nuovo.  Pizza a libretto vista mare, e tante chiacchiere. 
Lucia aveva dei pregiudizi nei confronti del giovane architetto, non sapeva spiegare a se stessa perchè aveva accettato quello strano invito.
 Eppure lui era così a modo e divertente che non dava modo di essere messo a giudizio. 
Andrea riaccompagnò la dottoressa sotto casa e non cercò di baciarla quella sera. 
Fù lei a farlo.
Chiusa la porta, Piera aveva l'aria frastornata incredula, non voleva ammettere a se stessa che si era divertita e in quelle ore non aveva pensato a null'altro. 
Come da buon manuale del corteggiatore, al mattino, lei trovò un messaggio: "non pensavo che al mondo esistessero cose più incantevoli di Napoli, mi sbagliavo".
Un sorriso soddisfatto illuminò il volto della bella rossa. 
La loro vita nei giorni a seguire, scorreva normalmente, accompagnata da chat che di giorno in giorno cambiavamo mood, sempre più confidenziali. 
Piera era convinta che quel ragazzo non fosse quello giusto, giovane e squattrinato, come avrebbe potuto presentarlo ai colleghi, ai suoi genitori. 
Lei più grande e non di poco, a volte si sentiva ridicola al solo pensiero di doversi confrontare con un uomo che di uomo aveva solo il genere. 
Lei era abituata a uomini, pieni di sè, adulti. Lui era così inesperto, ma tremendamente divertente e fresco. Non c'era chat dove non le rivolgeva un complimento, tanto da sentirsi presa in giro dal giovanotto, che si urtava al suono di quell'aggettivo.
Durante il loro secondo appuntamento lui la invitò ad andare a  cavallo, una domenica di sole, con lo zefiro che accarezzava la splendida giornata insieme. 
Lui sempre sorridente e premuroso, lei cauta e con lo sguardo diffidente, cavalcarono intorno al Monte Somma in silenzio, guardandosi intorno e scrutandone le bellezze.
A fine cavalcata, Andrea la prese per la mano e la condusse tra i lecci, lei lo seguì curiosa finchè prendendola per la vita e alzandole il viso la baciò, stringendola a sè con una tale passione che Piera sentì delle contrazioni pelviche e si abbandonò ad un bacio mai vissuto.
Piera avrebbe voluto far l'amore con lui, in quel momento, tra gli alberi, con il rumore del vento, ma non ci riuscì; si fermò prima che potesse succedere.
In mente il pensiero maledettamente razionale della loro differenza di età e dei loro stili di vita. Lui la riaccompagnò a casa, non chiedendole nulla, la baciò, la salutò e andò via.
Sotto la doccia quella serà Piera accarezzò le sue parti intime immaginando le mani di lui, il suo corpo nudo, bagnato. In  quel momento, poteva dire a se stessa che lo desiderava, senza barriere e redini mentali. La sveglia delle 6.00 era puntuale come al solito, un colpo di mano per spegnerla e in un paio di minuti Piera era già fuori dal letto, pronta per andare in reparto. Quella mattina Piera recandosi a lavoro incontrò la sua amica Sonia, nonchè collega alla quale Piera non disse nulla della sua nuova amicizia, temeva di essere giudicata. 
Ma sul suo volto si leggeva quacosa di diverso, una luce tipica di chi è abbaggliata da un nuovo sguardo. Sonia le chiese come mai si fosse eclissata in quelle settimane; la scusa del lavoro e della stanchezza reggono sempre la bugia.
In quella conversazione Piera prese coscienza che la sua mente era assorbita da quel giovane ragazzo e che la sua convinzione di tenera la situazione sotto controllo era solo un autoconvincimento. Allora si irrigidì e nei giorni a seguire fu fredda e distaccata. Andrea era confuso anche un pò scocciato, ma sapeva che di fronte aveva una donna complessa e imprevedibile di cui era tremendamente attratto. 
Per un paio di settimane non ci furono contatti tra di loro sebbene entrambi speravano nel primo passo dell'altro. 
"Ciao, come stai?" fu lui a scrivere, lei non aspettava altro. "Bene, impegnata ma bene".
"volevo informarti che una compagnia di Toronto mi ha offerto un contratto di sei mesi dopo la fine del Master",  Piera deglutì rispondendo: "fantastico!".
Fantastico nemmeno per un momento, le dava fastidio, provava un senso di perdita; allo stesso tempo convinceva a se stessa che era giusto così, che per loro non c'era futuro e che quel ragazzo aveva diritto a realizzare i suoi sogni. 
Nel frattempo, la sua parte nascosta, quella messa dietro il muro della razionalità le suggeriva di scrivergli di andare da lei per fare l'amore, voleva attrarlo a se, lo voleva fortemente ma prese tempo.
Piera non usciva con le amiche da un pò e decise quella sera di fare una  cenetta e quattro chiacchiere per distrarsi da quel pensiero confuso. 
Alle  nove erano intorno al tavolo Piera, Marta e Sonia. Prosecco freddo, nei calici rigorosamente di cristallo, insalata mista e spigola al cartoccio. Non era il cibo quella sera il protagonista della serata, ma le loro confessioni e le rivelazioni. Marta raccontò per prima la sua angoscia, la paura di non poter diventare madre, una maternità negata in passato dal suo compagno e ora negata dalla vita perchè era single. 
Sonia non aveva molto da raccontare a parte il suo attaccamento per la madre malata di Alzheimer.
Era Piera quella sera a dover raccontare alle amiche qualcosa di interessante. 
"Frequento un ragazzo" esordì.  Entrambe le ascoltatrici alzarono il collo e si misero in posizione d'ascolto. 
Dopo aver bevuto due bottiglie di vino e chiacchierato fino alle 2.00, Piera si ritrovò con la porta chiusa dietro le spalle senza una soluzione, spesso ti auguri che gli altri ti suggeriscano la cosa giusta da fare.
Davanti allo specchio del bagno e passando il batuffolo di cotone imbevuto di latte detergente, si guardò come se fosse la spettatrice di se stessa curiosa di vedere come sarebbe  andata a finire.
Intanto il suo pensiero e non solo quello, volevano rivedere il giovane architetto. Avrebbe voluto baciarlo, toccarlo, era il desiderio a suggerirle cosa fare.
Nei giorni a seguire lui le fece recapitare un bouquet di zinnie e rododendri con un messaggio “Little Things” dei One Direction e un loro selfie.
Troppi messaggi in quel gesto a dir poco galante. Presa dalla curiosità Piera cercò di cogliere ogni parola, messaggio e intuizione che l’avrebbero poi portata a quello che il suo intimo pezzettino di cuore le stava suggerendo da tempo.
Lo chiamò e lo invitò a casa sua, lui si presentò con un sorriso luminoso e una bottiglia di vino, lei si mordicchiò il labbro inferiore accennando  un sorriso.
Si accompagnarono in cucina, dove lei aveva preparato con cura una cenetta a base di formaggi e vino rosso, ma lui non notò nulla se non gli occhi di lei e le sue guance rosse.
Le si avvicinò, sciogliendole i capelli morbidi e profumati e la baciò; lei si lasciò andare avviluppando le braccia intorno al collo di lui. Con tanta passione e abbandono lui spostò le stoviglie dal tavolo e iniziarono a fare l’amore lì, sul tavolo.
Lui le abbassò i jeans, mentre lei gli levava la maglietta; lui le passò le mani sul ventre e sui fianchi annusandola mentre lei fremeva di passione. Andrea le sfilò gli slip, semplici, neri e sprofondò nel suo monte di venere. Lucia credette di impazzire finchè non lo fermò per portarlo in camera da letto, dove vi arrivarono ansimanti. Lei, finalmente slegata dalle perplessità lo spinse sul letto e gli balzò sopra, iniziando a muoversi lentamente come la migliore tra le amazzoni. Lui era ammaliato da quel corpo conturbante, così passionale e non avrebbe mai voluto smettere di possederla. Finirono di fare l’amore sudati e felici, non cenarono quella sera, non sentivano nulla se non il desiderio di bastarsi l’un l’altra e questo per tutte le volte successive, tra le notti in ospedale di lei e i trasferimenti di lui.
Passarono le settimane, i mesi e gli anni da quella sera e ancora non si bastano…..

..fine..




1 commento:

  1. Beautiful thoughts and emotions described by nice words,,, Bravissima

    RispondiElimina