Io sono l'altra

 

Avevo già  indossato il pigiama, preparato la tisana e preso il libro da leggere “La casa nel bosco” di Gianrico Carofiglio, lo adoro.

 Una scrittura lineare, descrittiva come piace a me. Immergermi nella lettura e riuscire a vedere e sentire ciò che è descritto nonostante le sole lettere che ne compongono il testo, mi fa amare i libri e i loro personaggi.

L’aria è fresca questa sera, giugno è un mese strano, ti illude di essere immerso nell’estate perché hai già iniziato il conto alla rovescia per le vacanze, invece fa parte della tarda primavera, fa la differenza. Come tutte le cose alle quali vuoi dare un significato diverso di quello che realmente hanno.

Non ho ancora deciso dove andrò quest’estate devo trovare un compagno di viaggio, anzi credo che prenoterò per conto mio un viaggio di gruppo, voglio provare una dei quelle agenzie che organizzano avventure nel mondo. Basta pianificare, per quel che vale!

Tutto quello che sogno e progetto alla fine viene travolto da situazioni inaspettate. 

Come la situazione nella quale mi sono ficcata anni fa. Non me lo sarei mai aspettata da una come me. Come? Con i piedi per terra, con una serie di doveri morali nella tasca da usare quando devo costruire i giudizi sulle mie azioni e quelle degli altri, non sono una bacchettona ma credo nell’autoregolazione. Certo, adesso ne dimostro poca, visto che mi trovo a fare l’amante di un uomo che mi ha fatto perdere la testa.

Ma la mia migliore amica me lo diceva dieci anni fa, chiudi questa storia.

Io ero anche convinta di volerla chiudere ed ero anche sicura di riuscirci, ma ora mi ritrovo qui ad aspettare un suo messaggio o il suono del citofono ad orari più impensabili.

 Dieci anni fa, ricordo bene come iniziò, lo usavo per il sesso, devo dire la prima sera un po' incerto, ma aveva buone potenzialità il ragazzo.

Tant’è che ci ha creato dipendenza l’uno dall’altra, credevo che fosse durata il tempo di una stagione. Invece mi trovo da sola a piangere per il suo ennesimo attacco ai miei sentimenti. Vorrei essere arrabbiata con lui, ma non ci riesco. Ci sono giorni in cui sono infuriata, rancorosa ho così livore che vorrei chiamare la moglie e raccontarle tutto, fargli del male, ma non sono fatta così, non riuscirei a farlo.

 In fondo anche lei è tradita come me, anche se credo che nessuna delle due sia veramente vittima. Io ho scelto passo dopo passo le azioni dettate dalla mia passera prima e dal mio cuore dopo, lei conosce l’uomo che ha accanto ma in fondo sta ottenendo ciò che vuole, una famiglia e se la tiene stretta.

Certo, non ha mai saputo di noi. Sono stata proprio brava come amante. Non ho mai chiamato per prima, era lui a farlo. Non ho mai imposto la mia presenza e non l’ho portato mai a compiere una scelta con un aut aut. Credevo ma non lo credo più, che bisogna lasciare libere le persone di prendere delle decisioni, ma non funziona così. Se vuoi una cosa, prenditela.

Questo suggerirei all’altra parte di me, quella scaltra. Non ho neppure la nonna che possa darmi questi suggerimenti, sono nata da una mamma attempata.

Io sono Stella, ho quarant’anni oggi. Dieci anni fa ne avevo trenta, persi dietro un coglione.

Oggi lo definisco così, ma in questi dieci anni sono stata anche felice. Non è una contraddizione, lo sono stata. Quando fai l’amante accetti una situazione iniziale e ti sembra impossibile entrare in un mondo già costruito e pertanto quanto ti viene concessa una telefonata o un incontro, allora tocchi la felicità.  Quando lui ti chiama e ti dice che ha la pausa pranzo di un’ora, l’emozione che provi è totalizzante. Vorresti comprare dei fiori per abbellire la tavola, preparargli tutto ciò che di buono sai cucinare, vorresti essere perfetta, profumata e pronta per farlo sentire nel posto giusto e migliore del mondo.

 Infatti lui si sentiva cosi e anche io. Poi però andava via e io ero abile a tornare alla mia quotidianità. Fingere di non riuscire a trovare l’uomo della mia vita, invece lui c’era, era li ma inafferrabile. La prima sera che mi invitò a casa sua, lo fece con una scusa banale, c’eravamo visti due volte ci fu subito attrazione. 

Io andai, non avevo niente da perdere. Presi la macchina, guidai per un quarto d’ora e in quei minuti, pensavo che non gliel’avrei data, lo avrei tenuto sul filo dell’attesa. Avrei bevuto qualcosa, al massimo ci saremmo baciati. 

Una volta arrivata li, mi fece entrare, all’epoca viveva da solo. Mi diede da bere e poi mi diede anche altro. Fu un po' troppo veloce, ma mi piacque. Capii che l’eccitazione spesso rende la prestazione fulminea. Recuperò le volte successive.

 A dire il vero mi organizzai anche io. Intanto, cercavo di tenere a bada i miei ormoni e facevo sì che lui fosse il primo a soddisfare i suoi impulsi e poi lo sfruttavo per me. Trovammo un tacito accordo. Fu quando cominciammo a conoscere i nostri corpi e parlare dopo il sesso che ci avvicinammo e rese tutta la relazione irrinunciabile per entrambi.

Quelle volte in cui veniva da me, in piena estate io non avevo ancora i condizionatori faceva un caldo asfissiante. Ma a noi, non interessava, ci precipitavamo nella doccia fredda, ho una bella doccia in muratura, piastrellata d’azzurro e una serie di docciaschiuma pronti per essere utilizzati a seconda del mood. 

Ricordo la mia schiena aderire alle piastrelle creando dei vuoti che emettevano quei rumori tipici delle ventose. Il getto dell’acqua sulla sua schiena e l’odore di sapone. Con le mani gli prendevo la testa costringendolo a guardarmi negli occhi mentre i movimenti erano meccanici e autonomi. Non resisteva al mio sguardo e io al suo. 

Il caldo diventò sopportabile anche grazie ai cubetti di ghiaccio che accompagnavano le nostre serate o pomeriggi, tutto dipendeva dal suo turno in banca. Io potevo gestire il mio lavoro, sono un dottore commercialista.

I cubetti di ghiaccio? A si, lui ne metteva uno in bocca, bloccandolo tra le labbra e i denti e accarezzava i miei seni e la mia pancia. Ogni tanto lo lasciava fermo sul mio ventre per riprendere calore in bocca, poi lo riprendeva e lo portava verso il mio femminino sacro, e lo lasciava fermo, finché io non stringevo le gambe per reazione ma lui lei le riapriva e continuava e tenere il ghiaccio fermo. Ma il calore del mio corpo era così intenso che il ghiaccio durava poco nello stato solido. Anche la vodka ghiacciata funzionava bene, ma bruciava un po'. Mi sentivo al settimo cielo. 
Lo avevo conquistato, mi trovava attraente e quando andavo in giro avevo la sensazione di piacere a tutti, perché mi piacevo io. Ricordo ancora quel giorno in cui arrivò da me, triste e abbattuto, cercava conforto. Al lavoro era andato storto un progetto a cui lui teneva e ne volle parlare con me, chiacchierammo a lungo davanti ad una tazza di tè verde, mi disse prima di andar via: “grazie, è stato bello parlare con te, anche questo ti riesce molto bene”, mi baciò teneramente e andò via.
 Anche le nostre vacanze, quell'anno furono condivise con foto ed emozioni. 
Io il più delle volte, quelle foto le avrei volute scattare insieme a lui.
 Ma da amante questi pensieri non fanno altro che alimentare false speranze. 
Ogni storia che inizia mostra il suo lato migliore e il sesso di solito non lo è.
 Lo avrei dovuto capire che questa storia non si sarebbe trasformata nella storia d’amore che speravo diventasse. Il primo segnale che non ho colto fu il trasferimento di lui da casa sua a casa della fidanzata, erano ufficialmente compagni. Io ricordo di averlo saputo per caso, lui non disse nulla e io non commentai. 
Lo accettai, volevo essere discreta, volevo che fosse lui a parlarmene, in realtà avevo paura di perdere quelle piccole gioie quotidiane, con la speranza che lui avrebbe scoperto altre parti di me che lo avrebbero trattenuto. Mi sentivo la protagonista di una delle canzoni di Mina, ….adesso arriva lui, apre piano la porta poi si butta sul letto e poi e poi….  
Altre volte Loredana Bertè in Sei Bellissima, ma non ho mai, mai smesso, in questa storia di essere la donna di Mia Martini in Minuetto….

Troppe volte vorrei dirti "no" e poi ti vedo e tanta forza non ce l'ho
            il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo no

                        le mani tue, strumenti su di me, che dirigi da maestro esperto quale sei

                        …..Tutta me, se ti andrà per una notte e cresce sempre più la solitudine
                        nei grandi vuoti che mi lasci tu….

 

A volte, quando l’altra me mi guarda come se non mi conoscesse, mi chiedo come ci sia finita in questa situazione, mi vergogno di lei, quella debole, irrazionale, fragile.

Mentre l’altra, quella che mi guarda, quella che vedono gli altri e non sospettano delle sue vulnerabilità, lei sa quello che è giusto, sa che devo mandarlo via, ma come faccio a metterle in comunicazione le mie due parti, a farle comunicare intendo, come si fa normalmente davanti ad un caffè.

 D’ altro canto sono entrambe donne, le mie lei, come potrei pretendere di avere un unico sguardo da loro.

Dopo quella scoperta, quella della sua nuova convivenza, mi promisi che sarei stata più forte e con i piedi per terra. Ma non perdevo occasione per sedurlo, la mia mente escogitava in modo naturale, risposte e argomenti ambigui, che lasciavano spazio a fantasie e provocazioni. E lui puntualmente le coglieva e con altrettanta seduzione mi rispondeva.

In pratica non era cambiato nulla, se non la capacità di non sognare, quando le mie fantasie da bambina mi portavano in viaggio tra castelli, roseti e incantesimi.

Era la sera di Natale del 2015, quando riunita con la mia famiglia mi resi conto di essere l’unica a non essere accompagnata da un fidanzato o marito. I miei fratelli erano già sposati con le rispettive mogli e mia sorella, la più piccola, era allora fidanzata poi sfidanzata e adesso felicemente fidanzata di nuovo, con un ragazzo carino.

Mia madre non si dà pace, mi dice che sono la più bella dei figli, la più matura, quella con una marcia in più, eppure non le ho mai presentato nessuno.

Quella sera, mi sentii sola. Presi nota che la mia vita sarebbe stata a lungo così, se non avessi dato una svolta alla relazione. Cosi, qualche giorno dopo, chiamai Maurizio, il mio amante, questo era, gli dissi che non potevo più continuare a vivere quella relazione con quelle condizioni. Abbiamo pianto, io di più.

Per qualche settimana siamo riusciti a non vederci e sentirci, sembrava che avessimo accettato la cosa. Dopo qualche settimana, ci siamo rivisti in un bar e la sera era già a casa mia. Abbiamo fatto l’amore ripetutamente, ci siamo abbracciati, baciati per tutto il tempo. I nostri incontri sono diventati costanti, lui era riuscito con destrezza a costruirsi una vita parallela, ci siamo accomodati in un roseto variopinto e spinoso.

Ero di nuovo felice. Seguirono alti e bassi, periodi di solitudine e di nostalgia si alternavano a momenti di euforia, di gioia. Sembra assurdo, lo so.

Non avevo alternative, non riuscivo ad amare nessun’altro. Cosa avrei potuto fare, se non viverla. Non potevo rassegnarmi perché lui era in vita, a pochi chilometri da me, la morte ci regala la rassegnazione, la vita tutt’al più ci suggerisce l’accettazione.

Ma dovevamo essere in due, perché dopo molti anni, in cui avevamo una relazione stabile, fatta di confidenze, risate, complicità, nessuno dei due voleva interrompere questa atipica storia d’amore.  Pertanto, non c’era nulla da accettare.

Serviva un evento traumatico per riportarci alla realtà, alla consapevolezza che lui non poteva ignorare la sua famiglia. Non poteva vivere due storie contemporaneamente. Si dice, dicono, che non è possibile amare due persone contemporaneamente, mi chiedo chi lo abbia detto.

Nella vita le cose accadono, alcune situazioni non le puoi prevedere, accadono.

Spesso succede che non ne cogliamo il senso subito, intanto irrompono nella quotidianità, parlo di incontri nelle migliori delle ipotesi, ma possono essere anche eventi spiacevoli. Ti trovi faccia a faccia con  il tuo destino. La potenza di questa parola, crea ancora degli schieramenti, da una parte coloro che ritengono che non esista e che lo costruiamo attraverso le scelte fatte giorno dopo giorno davanti agli incroci della vita.

Altri credono che sia già scritto nella volontà divina. Francamente, non lo so. Nella prima interpretazione rivedo le mie scelte, ma la forza con la quale combatto ogni giorno non è umana. I sentimenti, le emozioni sono porzioni di divinità.

Credo che al momento non mi schiererò. Starò ferma. Sospesa, legata ad un elastico da bunjin gamping. La paura del vuoto e allo stesso tempo l’adrenalina del lancio.

L’ elastico mi riporterà al punto di partenza. Sarà così.

La mia amica, sempre la stessa, l’unica che conosce questa storia. Non è necessario che siano in molti a sapere, potrebbe essere pericoloso per la custodia dei miei sentimenti e segreti.

Lei, mi paragona ad una questuante; entrambi mendichiamo qualcosa. Io non credo di elemosinare sia esso amore nel mio caso e denaro nell’altro. Io vivo consapevolmente una relazione amorosa con un uomo poco coraggioso, anche immaturo che non riesce a farsi carico delle sue azioni, per dovere morale, per qualsiasi altro motivo che non spetta a me giudicare, forse ama più lei di me, oppure il contrario.

Chiudere una relazione, può sembrare semplice, mi viene in mente un versetto della Bibbia, studiata in un momento di profonda introspezione …e se la tua mano destra ti fa cadere nel peccato, tagliala e gettala via da te; è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo.

 Risolutivo come suggerimento. Ma i sentimenti, le debolezze, le emozioni sono paragonabili a qualcosa di fisico? Me lo chiedo davanti allo stesso libro con cui ho iniziato a raccontare la mia storia, in aggiunta ad un bicchiere di tè. Pensare mi fa deglutire molto.

 

.....fine



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