venerdì 3 gennaio 2020

quando ...?

A quanti quando dobbiamo rispondere durante l'arco della nostra vita? Nasciamo già legati e condizionati dalla rete sociale alla quale apparteniamo. Siamo liberi solo in apparenza, perchè nessuno di noi lo è in realtà.
Nella prospettiva funzionalista le strutture sociali e culturali sono legate tra di loro.
Sono come una globalità di un unico sistema. Se pensiamo al nostro corpo, la funzione di un organo non può essere sostituita da un altro organo e pertanto esso svolge un' attività fondamentale per l'intero corpo e deve dare conto del suo funzionamento. 
Se questa prospettiva la spostiamo sulla nostra vita quotidiana e sulle nostre relazioni ci accorgiamo quanto, per dirla come dicono i saggi della mia famiglia: "sta bonu unu finchè vo l'atru". 
Pensiamo agli innumerevoli condizionamenti che tutti i giorni viviamo da sempre!
Dal primo, di cui abbiamo memoria, verso i cinque anni alla fine dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia: " quando vai a scuola"? La risposta sarebbe: " a settembre come tutti i bambini "
Ci sono anche i ricordi ormai caduti nel pozzo, quelli del quando cammina? Quando parla?
Tuttavia, questo render conto non infastidisce, ci sono i genitori pronti ad intervenire per proteggerci, come aquile reali. 
Questo atteggiamento infastidisce quando si hanno più consapevolezze e non si ha la voglia di spiegare pensieri o  progetti di vita. 
Spesso non siamo capaci di rendere conto a noi stessi figuriamoci agli altri, che ahimè ritroviamo in famiglia o tra gli amici, il che è peggio perché  si fa più fatica a mandarli a quel paese.
Al: "quando ti laurei"?  Potremmo rispondere, "quando mi va"! "Quando riuscirò a superare questo blocco del piffero che mi mortifica ogni giorno, quando avrò i soldi per pagare la retta, quando mi riprenderò dall'ennesima delusione, quando rimetterò la testa a posto".
Vogliamo parlare del quando ti sposi ? La domanda più ficcanaso che esista. Nella ricerca delle risposte si annoverano: non mi sposo, vedremo magari un giorno, quando avrò i soldi, quello con cui voglio sposarmi è già sposato con due figli, humm vediamo l'uomo che voglio sposare è gay, non ho i soldi, non credo nel matrimonio.
 Il repertorio sarebbe fornitissimo di risposte.
Ma al peggio non c'è mai fine. La peggiore di tutte: " a quando un figlio"? Ora, come spiegare agli altri una scelta  che spesso una scelta non è. Forse nella domanda si nasconde un desiderio infimo di provare pietà o trovare un nuovo argomento di cui parlare con gli altri componenti della cricca.
Anche qui il ventaglio delle risposte potrebbe essere: non ne voglio, non sopporto i bambini, lo adotterò, mio marito è sterile, non ho il tempo di procreare, voglio divertirmi, sono egoista, ho la spirale ad impianto fisso.
Semmai dovesse esserci già un bambino il quando si sposta sul secondo e nel caso dovessero essere dello stesso sesso, femmina per esempio, la domanda sarebbe: "a quando il maschietto"?
Questo continuo impicciarsi della vita privata degli altri non fa altro che aumentare ansie capillari che piano piano ti portano a progettare la vita sulle aspettative altrui.
Dunque, non potendo cambiare gli altri, con i quali tutto sommato abbiamo relazioni più o meno intense e con le quali formiamo un sistema utile anche per noi, cambiano il nostro atteggiamento.
Un sorriso di cortesia e non rispondete, continuate a fissare il vostro interlocutore con il sorriso ma non rispondete, lui vi crederà tonte ma non importa, non rispondete!
Sorridete e non rispondete.


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